Du Perron scopre gli scopi ostili alla Chiesa del parlamento di Parigi. 345 il virato tre ore, riuscì acconcio per aprir gli occhi di quei deputati che non si rendevano conto della portata della proposta e credevano di mostrare con essa la loro fedeltà al re. Il cardinale contestò innanzi tutto la competenza di un’assemblea formata da laici a decidere simili questioni ecclesiastiche. Quindi egli distinse con chiarezza e con logica rigorosa le singole parti della proposta. Per quanto concerneva l’indipendenza dei re nelle cose temporali e gli attentati alla loro vita, questi due punti erano fuori di ogni discussione, e ciascuno approverebbe quanto esponeva in proposito il Terzo Stato. Ma diversa era la questione per il caso seguente, formulato così dal Du Perron: se i reggenti, dopo aver giurato, essi o i loro antenati, a Dio od ai loro popoli, di vivere e di morire nella religione cattolica, rompono il giuramento, cadono in eresia aperta o in apostasia e fanno violenza anche alle coscienze dei loro soggetti e vogliono introdurre nei loro Stati, per esempio, l’aria-nesimo o l’islamismo, non possono allora anche i soggetti essere sciolti dal giuramento di fedeltà ad essi prestato; e se questo è il caso, a chi spetta dichiarameli sciolti? Il cardinale insistette sul fatto che la decisione in proposito era controversa. Essa pertanto non poteva esser trasformata in un articolo di fede (sul quale, del resto, soltanto all’autorità ecclesiastica spetterebbe di giudicare) nè imposta quale materia di un giuramento. Lo Stato ecclesiastico soffrirebbe quindi piuttosto il martirio, anziché attaccare, coll’approvazione della proposta del Terzo Stato, l’autorità del pontefice e provocare uno scisma.1 L’oratore del Terzo Stato e rappresentante di Parigi, Roberto Miron, cercò di toglier forza al discorso del cardinale negando gli scopi della proposta messi in rilievo da questo. Nella sua replica il Du Perron insistè ancora sul punto che dei laici non avevano alcun diritto di decidere simili questioni ecclesiastiche. La prova migliore, che il Du Perron aveva distinto esattamente gli scopi perseguiti colla proposta, venne fornita dal parlamento Parigino, che nello stesso giorno, su proposta del Servin, rinnovò tutte le decisioni prese antecedentemente contro i Gesuiti ed altri difensori dell’autorità papale, e dichiarò espressamente che il pontefice non poteva scomunicare e deporre un re, anche se questo diveniva eretico. Il giorno dopo il' clero elevò rimostranza per la pressione che in tal modo si voleva esercitare. Parlò ancora per esso il Du Perron. Questi dichiarò apertamente: il papa ha H pieno potere diretto nel campo spirituale, quello indiretto nel temporale; chi sostiene il contrario è scismatico ed eretico. Questo vale anche per il parlamento di Parigi. Se il re non cassa la deci- 1 Vedi Rapine loc cit. 296 s. Cfr. De Meaux, Béforme II 128 s.; Hebgen-Ròther, Kirche und Staat 446. Vedi anche Le Bachelet, Auc. Béllarm. 680 s.