9* solenni vociacce; l’armonia dei tamburi e dei fischietti dei putti, variavano piacevolmente il bel quadro non turbato o interrotto da paura veruna di carri, di cavalli e di polvere. E quando quivi ogni cosa tornava in silenzio, quando l'uniforme aspetto della sera confondeva il variato spettacolo, la medesima folla, la stessa scena in più angusto confine si apriva di sotto le vecchie e nuove gallerie, pei caffè, pei teatri, al Ridotto: ed io il so io, che n’ebbi a rimaner soffocato. Le nostre più rinomate società si porsero a vicenda la mano per presentare ai cittadini ed agli ospiti le più liete feste da ballo e due ne diede la Società dell'' Armonia, in cui non so se maggior fosse la eleganza o la magnificenza dei luoghi e del servigio ; una benché splendida assai ne dieder gli Orfei, e parecchie, fra le quali una mascherata gli An-fioni. Ma quella che sembra aver vinto tutte le altre, quella che superò sto per dire la mia immaginazione, fu la festa data l’ultimo lunedì dalla Società apollinea. Chi avesse voluto avere una bella pruova del grado di squisitezza e di gusto a cui sono giunte tutte le arti necessarie alla vita, e dell’ immenso potere dell’ u-mana fantasia nel volgere in mille modi diversi lo stesso soggetto, quivi aveva nella ricchezza, nella eleganza e nella varietà delle vesti. Voi ne