I VOLONTARI ITALIANI AL MONTENEGRO 131 e Babliak. Al mattino intrapresero la marcia : si unì a loro un montenegrino ed un vecchio ser- dar dei crivosciani, che, malgrado i suoi 65 anni e molte cicatrici, al rombo del cannone della Cer- nagora non aveva saputo resistere e preso il fu- cile, il suo revolver e, messo l’jatagan nella cin- tura, era accorso a battersi anche lui come tutti gli altri. Strada facendo egli indicava ad una ad una ai nostri volontari tutte le cime, de- scrivendo le varie fasi della battaglia del 1858 e indicando dove era caduto questo o quel valo- roso suo compagno, o dove era stato schiacciato il maggior numero di turchi e dei montenegrini. Uscendo dalla vallata c’era una povera don- na seduta presso una piccola casa. La veste nera e il suo volto indicavano il lutto; era vedova: essa guardava il vicino cimitero dov’era una tomba recente. Su quella tomba ergevasi un palo secco, alto, con in cima, a guisa di pennacchio, dei cenci rossi e verdi, pezzi di tunica dell’ estinto, una ciocca di capelli ed un berretto montenegrino. Era il misero trofeo della morte, e gl’italiani fu- rono tutti compresi di mestizia. Il vecchio Knez crivosciano disse il nome di quella] donna e sog- giunse che avrebb’essa fatto da guida al campo; poi egli e il montenegrino presero un altro sen- tiero pel passo di Bojane Brdo. Gl’italiani e la donna, che ubbidì subito al vecchio, volsero a di-