180 NICOLA I E L’ITALIA giare con le più grandi manifestazioni di simpa- tia e di affetto, era bambina quando al campo, all’ indomani di una delle più belle delle sue vit- torie, in un momento decisivo per il Montenegro, il padre suo invocava la memoria del magnanimo re Carlo Alberto. Dopo Vutcidol, quando 1’ eser- cito montenegrino poteva senza contrasto spin- gersi ancora più innanzi a Bilece, intervenne il rappresentante dell’ Austria, colonnello Thom- mel, ad arrestare la marcia vittoriosa. — L’ ordine del mio Sovrano, egli disse, è che l’esercito di Vostra Altezza non entri in Bi- lece : se lo facesse, v’ incontrerebbe fra pochi giorni le truppe del mio Imperatore. Il governo di Vienna considerava Bilece come paese già posto nella sfera d’influenza austriaca. L’ esercito montenegrino si fermò : quell’ or- dine destò un vivo malcontento nei battaglioni, specie degli erzegovesi i cui capi Sociza, Zimonich e Pero Paulovich erano nella costernazione. Oltre ai nemici palesi, il Montenegro aveva contro di se anche i nemici occulti pronti a lanciarglisi contro ed impedire che approfittasse troppo di un successo. Sfidare gli uni e gli altri era temerario, e la sconfitta certa. Ma dal sangue versato, come dopo Novara, avrebbe germogliato ancor più vivo, più forte, il pensiero della indi- pendenza montenegrina.