I O I XX. Mance e concratuiazioni di capo d’anno. Corre tra noi certo proverbio, il quale ilice, che le buone usanze non si perdono mai. E’ bisogna che la cosa non sia altramente da che questo bell’uso dei regali e delle congratula-lazioni di capo d'anno è venuto fino a noi dai secoli più lontani. Io non so per altro quale c quanta vaghezza troveranno in così fatto costume i modesti padri di famiglia e cert’uomini di largo cuore e di ristretto borsellino: il fatto è che buono o cattivo che sia, Nonio Marcello lo fa risalire nientemeno che ai primi Romani, e ne attribuisce la invenzione, che Dio gliel perdoni, a Tazio re dei Sabini, il quale occupò il seggio di Roma insieme col suo fondatore. Imperciocché avendo egli considerato come lieto augurio il presente di un ramo reciso dalla selva sacra a Strenua dea della forza, a lui offerto il primo giorno di un anno, ordinò clic quella dimostrazione di affetto passasse in costume, e disse strenne i regali fatti in simiglianti occasioni. Da allora appresero i Romani il bel vezzo; ma in ciò più saggi della liberale posterità, i loro doni consistevan soltanto in frutta, come a