6i fu giammai misurato dai vincitori d’Olimpia, di Siracusa, di lloma, presenta già di per sè tale una scena maestosa, che non è spettacolo di cui non sia pari o maggiore. Tutt’altra sarebbe rimasta inferiore a quello che ieri un popolo nell’ ebbrezza della sua gioia e del suo entusiasmo vi rappresentava. Una strada che larga e maestosa s’ apre in mezzo alla città c partendola in due tutta la trascorre; che d’una e d’ altra sponda sJ inghirlanda dei maggiori portenti d’ architettura, ne’ quali i Sansovini, i Palladii, gli Scamozzi, e la gotica scuola c la saracina adopraron tutto l’ingegno; questa strada mara-vigliosa sopra il dorso dei flutti, e che un ponte magnifico e gigante, su cui s’ ergono fondachi e case, signoreggia e divide, è tale un coni-plesso di novità, di ricchezze e bellezza che invano 1’ Europa ne additerebbe 1’ eguale. E ben più di teatro che di canale rendeva ieri sembianti, nè più da lunge altro non si vedeva che il bruno della folla e dei legni, e vano tornava il magistero dei remi. Ma le barche che senza scopo e disegno qua e colà s’accalcavano a seconda dell’ urto e della corrente, ebbero tosto un solo e medesimo scopo. Le barche degli o-spiti augusti, si fanno a un tratto vedere, e già tutte le altre s’ affrettano di recarsi a incontrarle. Nè le mani dai remi impedite, nè la calca