Da Washington a Wilson in una seconda votazione con 51 contro 41. Una mozione per la approvazione pura e semplice era stata respinta con 53 voti contro 38. Il Presidente Wilson lottò strenuamente ; lottò fino all’esaurimento delle sue energie, per evitare questo insuccesso che lo addolorava non tanto perchè era una sua sconfitta personale, quanto perchè corrispondeva al tramonto di quell’ideale al quale aveva consacrato il secondo periodo della sua Presidenza. Quando si iniziava al Senato la discussione del Trattato di pace egli si trovava nel territorio degli Stati del Pacifico in giro di propaganda per il Trattato ad invocarne l’approvazione. In quelli Stati del Far West la sua propaganda aveva avuto un grande successo ; non così negli altri Stati dove la opinione pubblica s’era dimostrata, o tiepida o contraria. Parlò in 2S città pronunciando 37 discorsi ; ed il 25 settembre, a Pneblo, nel Colorado, si ammalò e fu costretto a tornare a Washington, dove al principio di ottobre ebbe le prime manifestazioni di quel male al quale, poco piò di quattro anni dopo, doveva soccombere. Il 18 novembre, alla vigilia del naufragio del suo Trattato, egli aveva indirizzata una lettera al senatore Hitchcok contro la approvazione di qualsiasi riserva che potesse « trasformare la ratifica in un annullamento del Trattato » ; ed in particolare contro la riserva relativa all’art. 10 che era opera sua, riserva qualificata da lui come « un colpo di coltello vibrato nel cuore del Patto ». Ben a ragione egli così protestava, perchè, mentre il SUO Patto avrebbe potuto assicurare al mondo una pace durevole con ogni garanzia di giustizia per tutti gli Stati, il Patto, modificato e mutilato