Da Washington a Wilson cificlie alle due parti belligeranti il 18 dicembre 1916 ; e, alle risposte evasive ricevute, replicò con un discorso del 22 gennaio 1917 nel quale esponeva quali avrebbero dovuto essere a suo avviso le basi di una pace durevole. Anche dopo che gli eccessi della guerra sottomarina lo indussero, nei primi giorni d’aprile del 1917, a domandare al Congresso la dichiarazione della esistenza dello stato di guerra fra Stati Uniti e Germania, la pace ed il conseguimento di accordi che ne assicurassero la durata, continuarono a costituire le aspirazioni conservate con indomita tenacia dal Presidente, mentre con mirabile attività si dedicava ad intensificare la potenza e l’azione militare del suo paese. In questa sua aspirazione al conseguimento di una pace duratura egli era il continuatore di quei pensatori americani che, dopo le guerre napoleoniche, avevano costituito le prime Società pacifiste ed ispirati dall’esempio di tanti Stati coesistenti nella Federazione americana con garanzia della rispettiva autonomia, della pacifica convivenza e della risoluzione esclusivamente giudiziaria d’ogni loro eventuale controversia, avevano creduto possibile la estensione di tale sistema di convivenza a tutti gli Stati del mondo. Nè ai soli americani sorrise in quel primo periodo del secolo xix la seduzione di tale analogia ed il pensiero di una Federazione mondiale. Le Società della pace si diffusero anche nel vecchio continente e con quelle l’idea degli Stati Uniti d'Europa e quella degli Stati Uniti del mondo. Alexis de Toqueville, nel suo classico libro « La Democratie en Amérique », narrava come, assistendo ad una udienza della Corte Suprema di Washington, ed udendo chiamare da-