395 Pietro Orseolo ripetè il gioco di tutti i suoi predecessori, utilizzando quella norma, che non era stata del tutto dimenticata (1). Corretto interprete dello spirito pubblico, nella politica interna ed estera, aveva assicurato pace tra le mura cittadine, sicurezza e gloria fuori ; e aveva raccolto buona messe di simpatie, quante bastavano per addormentare ombrose suscettibilità. La quiete interna gli offriva il giusto mezzo di riesumare l’istituto della cor-reggenza, ottimo strumento per garantire, senza ledere le prerogative popolari, il dominio famigliare nella vita dello stato. Distribuendo poi tra gli altri figli, col voto popolare, le maggiori cariche ecclesiastiche, aveva allargato le basi del prepotere della famiglia nella vita pubblica, secondo l’esempio degli antenati. L’associazione del figlio al governo del padre, con perfetta unità di pensiero, era decisa non dall’ arbitrio, ma dall’ assemblea del popolo. Essa significava rafforzamento della clientela degli Orseolo e dei suoi accoliti, ma anche stabilità di regime. Ordine e spirito costituzionale non erano mutati (2). La parentela, celebrata con la famiglia imperiale d’Oriente, in rapporto all’equilibrio interno, acquistò un valore morale, non politico. Lo splendore delle feste, accolto con manifesta compiacenza, era frutto dell’ opulenza, lusingata a indulgere alla vanità bizantina (3). Se a contatto di questo piacevole e delicato ambiente il costume delle classi superiori subiva il fascino di nuovi sentimenti d’arte, l’anima popolare non era così infrollita da perder la visione della realtà. Il duca era troppo astuto per non comprendere che il mutevole favore popolare si conciliava e si conservava con le opere e non con i sottili inganni e con gli artifici. E poi : perchè attribuire a ogni suo atto, anche più ingenuo e più spontaneo, sempre e a ogni costo, un secondo fine ? Solo perchè chi lo compie riveste sì alta dignità e non è un uomo privato, in ogni atto si deve insinuare un’intenzione maligna ? (1) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 165: lohannes, eiusdem duci» egregia proles, genitoris efjectus est consors dignilate. (2) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 165 : qui pii parentis adeo obtemperare sludeal moribus et sub gemino regimine omnis patria uno manerei foedere. (3) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 168 sg.