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CAPITOLO DEC IMOQU ARTO
e Bardi, a richiesta di papa Giovanni XXII, prestarono ai cavalieri di Rodi, nel 1321, somme corrispondenti almeno ad una cinquantina di milioni odierni. Cifre fantastiche, ma non tanto come paiono a prima vista, quando si confrontino da una parte con ciò che gli stessi banchieri erano stati capaci di prestare, e di perdere, in Inghilterra, e quando dall’altra si pensi che i Peruzzi insieme coi Bardi stavano, si può dire, finanziando a Rodi le imprese dell’Ordine nascente. Essi si erano costruiti nell’isola case e depositi, piantandovi dei giardini famosi, dei quali resta ricordo nelle rime di Cristoforo Buon-delmonte e di Bartolomeo dei Sonetti. Anche altri — Altoviti, Capponi, Federighi, Quaratesi, Acciaioli —, erano venuti da Firenze a Rodi a tenervi banchi e aprirvi case di commercio fiorentissime, costruendo lungo le coste dell’isola, e specie a Villanova, magazzini, ville, cisterne.
   Da allora in poi ricorrono nelle cronache frequentemente i nomi dei Fiorentini che nei loro viaggi di Costantinopoli, di Siria, d'Egitto solevano fare scalo a Rodi, non meno che a Famagosta di Cipro, ad esportarvi sopra tutto tessuti. Anzi alcuni dei fiorentini implicati nel 1478 nella congiura dei Pazzi contro i Medici riuscirono ad aver salve dalla confisca solo le robe che tenevano a Rodi.
   Degli altri nomi fiorentini in Levante i più