106 CAPITOLO VENTESIMOSETT1MO Più oltre nel Mar Nero abbondano torri e chiese, lapidi e mura, stemmi e fortezze, di grandissimo valore storico e documentario per la ri-costruzione della vita e dello svolgimento delle colonie genovesi fino in Crimea. Ricorderemo solo che a Teodosia, la Caffa genovese, un emigrato di Savona, Giorgio Gallera, iniziò un museo di antichità genovesi del XIV e XV secolo, tanto vi abbondavano. Finalmente, per completare questo rapidissimo e più che riassuntivo accenno delle testimonianze monumentali della nostra storia in Levante, ricercheremo in patria, a Venezia, coi cavalli di San Marco, il leone di Deio dell’arsenale ; le gioie bizantine del tesoro di San Marco; i ricordi disseminati per tutta la laguna. Nel Palazzo Bianco genovese rivedremo il palio bizantino, dono dell’imperatore Michele Paleologo al tesoro di San Lorenzo; la croce degli Zaccaria, presa a forza nel 1308 da Ticino Zaccaria e la madonna detta di Pera, testimonianza del valore di Leonardo Montaldo che poi fu doge. Genova conserva anche il così detto catino di smeraldo, scelto per solo bottino di guerra da Guglielmo Embriaco dopo l’espugnazione di Cesarea, perchè si credeva che il Redentore vi avesse mangiato l'agnello pasquale, e poi Nicodemo vi avesse raccolto il sangue divino.