526 Gregorio XIII. 1572-1585. Capitolo 9. contro lui erano state mosse da parte dei preti renitenti. Il suo i rimo pensiero era stato di non lasciar passare impunito questo atto. Pure ]><> matura riflessione aveva egli deciso di perdonare, e pregava anche j convenuti di astenersi dalle punizioni. Al contrario potrebbero fai. indagini con la sua propria piena autorizzazione su le accuse mosse centro di lui, e inviare per la decisione il risultato al papa come all’unico giudice. Quindi passava Bonhomini a parlare dei punti che sono la causa degl’inconvenienti: il concubinato dei preti, l’usurpazione della giurisdizione punitiva sul clero, la trascuranza della clausura nei monasteri femminili e il conferimento dei benefici ecclesiastici in opposizione al diritto canonico. L’inconveniente mentovato in secondo luogo era già rimosso. Quindi con tanta maggiore insistenza chiedeva Bonhomini l'aiuto per combattere il concubinato del clero. Egli diresse su questo un'esortazione particolare ai signori di Schvvyz, di Uri, di Unterwalden e di Zug, che non vogliano permettere più a lungo, che Dio venga costante«!, nte offeso, che il popolo venga esposto a grandi pericoli, e venga disonorato il loro nome cattolico. Minutamente quindi dimostrò egli la necessità, a secondo del diritto canonico, e l’incarico avuto dal papa, di punir - la violazione del celibato con la sospensione. L’attuazione della clausura nei monasteri di monache secondo le disposizioni del concilio di Tri io, non è così difficile, poiché con questo non è affatto esclusa la visita .lei congiunti e l’ospitarli in abitazioni al di fuori del convento. Aneli la questione della collazione, dei benefìci è più facile a regolarsi di quello che credono molti. Il diritto di patronato non verrà violato, ma anzi confermato. Si potrebbe solo interrogare i signori di Friburgo, su ejò che egli ha progettato loro, e si potrebbe seguire il loro esempio. 1 ■ tine Bonhomini rilevava che la sua richiesta di riforma non conteneva aliro. che quello che i Cantoni cattolici avevano già accettato con la loro adesione al concilio di Trento.1 Quale impressione facesse la condotta di Bonhomini risuita dalla lettera che i sette Cantoni scrissero al papa il 30 ottobre. Essi ringraziavano per l’invio del nunzio, il cui arrivo, a causa dei loro bisogni religiosi e particolarmente per la riforma del clero, era stato sommamente necessario e desiderato. In essa viene espressamente rilevato come Bonhomini abbia compiuto perfettamente la sua missione e come esso si sia mostrato con loro pietoso e buono.2 Quindi il nunzio aveva tutte le ragioni di non essere scontento del risultato delle trattative se anche non si raggiungere, riguardo alle sue domande, un accordo con i Cantoni cattolici per provvedimenti comuni. Egli pertanto progetto che d’ora in poi, tenuto conto delle condizioni svizzere, si seguisse una via più conforme allo scopo e più efficace, quella di trattare o combinare i suoi progetti di riforma separatamente con le autorità dei singoli Cantoni. In questa maniera egli doveva riuscire i Vedi Theineb III, 57 s. ; Steffens-Beinhakdt I, 590 s. - Vedi ibitl. 604 s.