Apostasia dell’arcivescovo di Colonia, Ghebardo Truchsess. 659 Ghebardo cercò allora di guadagnare a sè la giovane nobiltà protestante della Vestfalia, con la quale tenne dei pranzi dissoluti. Pubblicamente appariva ancora intieramente cattolico: regolarmente assisteva alla S. Messa, fece anche iniziare trattative sull’erezione di una scuoia di Gesuiti a Werl e solennemente asseriva in presenza dei cattolici che era una calunnia dei suoi nemici, che egli volesse cambiare la sua religione ed ammogliarsi; più volentieri darebbe la vita, anziché disgiungersi dalla Chiesa cattolica.1 Però erano già troppi gl’iniziati nei disegni di Ghebardo da poter questi restare nascosti. Il Papa ricevette la prima notizia sul sospettoso contegno dell’arcivescovo di Colonia da Innsbruck per mezzo di una lettera del Cardinal Madruzzo, il quale si recava alla dieta di Augusta. Ma circa queste notizie furono tratti nuovamente tutti in inganno, perchè i consiglieri di Ghebardo inviati alla dieta agirono assolutamente da buoni cattolici. Purtuttavia le voci che Ghebardo volesse sposare, e ciò nonostante avesse in animo di tenere la sua archidiocesi non volevano quietarsi. Sembrò che trovassero una conferma in quello, che l'agente di Baviera Giovanni Barvitius trasmetteva da Colonia, ossia che manifestamente d’accordo con Ghebardo, il conte Neuenahr l’8 luglio aveva fatto celebrare in pubblico l’ufficiatura protestante al di fuori della città di Mechtern.2 Al nobile e retto sentimento di Gregorio XIII sembrò difficile prestare fede alle prime voci sull’infedeltà di Ghebardo, e ciò tanto più, inquanto non mancavano voci contraddittorie, che facevano notare come gli avversari invidiosi dell’arcivescovo, già altre volte senza motivo avessero gettato il sospetto su la sua buona fede. Per venirne in chiaro, Madruzzo fu incaricato di assodare quanto ci fosse di vero per mezzo di sicuri fiduciari in Colonia. 3 Dopo il ritorno del legato dovevano prendersi i dovuti provvedimenti. Le vertenze di Madruzzo con il governo d’Inn-sbruck ritardarono il suo ritorno in Roma sino al 29 novembre 1582. Ma allora avevarsi tante notizie sicure, che, non poteva più dubitarsi dell’intenzione di Ghebardo di apostatare la Chiesa.4 Fu riconosciuto in Roma con piena chiarezza, come pure in generale da parte dei cattolici, quali interessi stessero in giuoco in Colonia. Il giudizio comune fu che dall’esito della cosa dipendeva la conservazione o la fine della religione cattolica, e quindi, l’esistenza 1 C!fr. M. ab Isselt, De bello coloniensi, Coloniae 1584; Ki.einsorgeti loc. «it. 292. 2 Lettera del 6 giungo 1582 ; v. Nuntiaturherichte I, l.i; Lossen II, 44 s. 3 Vedi Nuntiaturherichte I, lii. * Vedi Lossen II, 75.