74 Gregorio XIII. 1572-1585. Capitolo 2. e concili, se, per esempio, nelle condizioni di allora fosse prudente di mettersi nel pericolo di irritare il re di Spagna e di colpire con la scomunica i suoi ufficiali. Ad alcuni parve che il Borromeo volesse con una severità troppo grande imporre come obbligo alla gran massa del popolo ciò che era unicamente oggetto della più sublime perfezione.1 Se un gesuita, Giulio Maz-zarini giunse a tanto da criticare in Milano stessa, pubblicamente dal pulpito, in forma diretta o indiretta, alcune disposizioni del-l’arcivescovo2 si possono immaginare simili sentimenti anche presso molti altri. Anche in Roma le accuse e le minacce continue fecero a poco a poco la stessa impressione. Il Borromeo, durante la contesa, inviò in proposito notizie precise e continue al suo rappresentante in questa città, e rilevò che si sarebbe rimesso incondizionatamente alla decisione del papa, anche qualora egli dovesse rinunziare alle mansioni vescovili sinora avute.3 Gregorio XIII aveva dato in principio al Borromeo l’incarico di difendere i diritti della propria Chiesa con tutti i mezzi ordinari.4 Ma a poco a poco diventò riservato. La considerazione pel Borromeo diminuiva sempre più nei circoli romani.5 II suo quarto concilio provinciale, che egli aveva inviato a Roma per la conferma, non potè ottenere dopo molto tempo la desiderata approvazione.6 Nessuno poneva in dubbio il suo zelo bensì la sua prudenza. Si sparsero voci che il cardinale fosse odiato dal popolo milanese, che il re lavorasse al suo allon- 1 Ofr. la lettera del confessore di Filippo II, del domenicano Diego Chaves al Borromeo del 31 agosto 1580, presso Sala, Docum. II, 87 ss. Vedi anche la relazione degli inviati di Milano da Roma del 23 gennaio 1580, presso For-MENTINI 1. C. 491. 2 « Religiosioris item ordinis nonnulli aliqua ex parte consenserunt, Caroli studiis atque operibus non obscure detrahentes et causam adversariorum probantes etc. ». Bascapè 1. 5, c. 1, p. IIIa ; cfr. Sala, Docum. II. 73 ; Sílvain II, 226. a « Io per la parte mia conforme a quello che dissi già a Vostra Santità a lioma ... quando ella ... mi diede per resolutione ch’io diffondessi con le vie legitime le sue ragioni e possessioni ; così li dico di nuovo che s’ella giudica lionor di Dio ch’io ceda, perda, rimetta o patisca ogni cosa in questa giuri-sdittione farò sempre l’obbedienza » Così a Gregorio XIII già il 15 settembre 1573, presso Sala, Docum. III, 500 ; cfr. Bascapè a Filippo II, 1580, ibid. II, 70. 4 Cfr. la osservazione precedente. o « Interea contentiones adversus Carolum susceptae totoque hoc temporis spatio continuatae res eius tantum in discrimen et invidiam adduxerant, ut nihil fere amplius actorumi eius Romae defendi posse quibusdam videretur ... Aures vix demum Ecclesiae principes multi sine fastidio Caroli procuratoribus dabant. Eius existimatio, quod ad iudicium prudentiamque pertineret, suspensa ñeque mediocriter apud multos erat extenuata ... Omnino ita indinatum vide-batur totum de disciplina restituenda negotium, ut ad felices exitus posthac erigi unquam posse pleriqne desperarent ». Bascapè 1. 5, c. 7, p. 123. Cfr. Giussano 1. 6, c. 1, p. 369 s. e Sylvain I. 443 ss. Fu il cardinal Montalto che lo esaminò. Sala, Docum. II, 200, n. 182.