66 Gregorio XIII. 1572-1585. Capitolo 2. della Chiesa. Fu perciò di un’importanza che non si può mai abbastanza valutare, che nel cardinale di Milano sia stato donato alla Chiesa un uomo, che con il suo esempio mostrò, come i decreti del concilio debbono essere attuati fin nei dettagli, e quanto si possa ottenere con la loro completa applicazione. Ciò che nei titoli a prima vista è lettera morta, coll’opera del Borromeo si presenta come incarnazione vivente. Egli è il campione di un vescovo tridentino, nel quale il concilio assume carne e sangue. Il tentativo di una radicale rinnovazione morale doveva incontrare gravi difficoltà proprio nella diocesi del Borromeo. L’archi-diocesi di Milano era una delle più grandi d’Italia; essa abbracciava oltre il ducato di Milano, ancora parte del territorio di Venezia» del Monferrato e delle Alpi svizzere. Si contavano 2220 chiese, fra esse 800 con diritti parrocchiali, 3200 chierici, 100 monasteri di uomini e 90 di donne, dei quali ultimi il Borromeo ne soppresse 20. La popolazione di tutta la diocesi si computava 800-900,000 anime. Oltre all’archidiocesi di Milano il Borromeo aveva cura anche della provincia ecclesiastica milanese, che era formata di 15 grandi diocesi, e si estendeva su tutto il Monferrato sino al Veneto e dal Piemonte sino al Genovesato.1 Ignoranza ed immoralità regnavano pertutto in questo vasto territorio; alcuni preti non sapevano la forinola dell’assoluzione, alcuni secolari neppure il Pater noster, nelle chiese si parlava ad alta voce, si ballava e vi veniva steso il frumento, nei monasteri delle monache venivano tenuti dei balli : il diritto giudiziario della Chiesa, particolarmente nella parte svizzera deH’archidiocesi, era quasi dimenticato.2 Il Borromeo non ostante questo non diffidò neppure un istante. Che la Chiesa cattolica, come opera di Cristo, dovesse possedere innanzi tutto le forze sovrannaturali per una completa ri-generazione, lo riteneva a 'priori indiscutibile; perciò la fiducia inconcussa su l’efficacia della preghiera, del lavoro e del sacrificio per l’amore di Dio, formò la base di tutti i suoi tentativi di risveglio della vasta archidiocesi. Quindi il suo costante sforzo per la propria santificazione ; quindi l’austerità della sua vita e la cura scrupolosa nella scelta delle persone che l’attorniavano.3 Inoltre fin dalle prime fu per lui una massima, nella più severa osservanza dell’obbligo di residenza, consacrare tutta la sua energia unicamente alla propria diocesi, e in quanto il suo dovere di ar- 1 Giussano 1. 2, c. 1, p. 48 s. Pietro Verri, Storia (li Milano IV, Milana 1841. 48. Le difficoltà, che incontrò il Borromeo, le espose liene anche recentemente Orsenigo nella Vita di 8. Carlo, 2 Milano 1911. 2 Giussaìto 1. 2, c. 1, p. 49 ss. 3 Ibid. c. 2 e 3, p. 51 ss., 54 ss. Su Giov. Botea-o dal 1576 segretario del Borromeo, cfr. la monografia di Carlo Gioda, La vita e le opere di Giovanni Bolero, 3 voi., Milano 1895.