704 Gregorio XIII. 1572-1585. Capitolo 12. Sorprende il giudizio sfavorevole di Montaigne su le chiese di Roma, che a lui parvero meno belle di quelle della più parte delle città d’Italia ! In genere, così pensa egli, le chiese degli italiani come quelle dei tedeschi non possono tenere alcun confronto con quelle dei francesi. Montaigne lamenta nelle chiese di Roma sopratutto la mancanza di figure. Ciò si comprende meglio, se si ricorda, che la più parte delle pitture, statue e rilievi, che oggi si vedono con sì grande abbondanza, debbono al secolo XVII la loro origine. Proprio allora la Chiesa rinnovellata e trionfante sui suoi avversari si circondò di tutto lo splendore dello stile baro; co. Inoltre va considerato che la nuova chiesa di S. Pietro non era ancora compiuta. Montaigne menziona ivi solo i trofei esposti provenienti dalle guerre Ugonotte e la nuova cappella Gregoriana. Come della sontuosità delle antiche basiliche, così egli tace anche dei meravigliosi affreschi della Sistina e delle stanze. Al contrario egli ricorda le pitture moderne della Sala Regia! Del resto ammette egli stesso, che non gli era concesso, di penetrare con maggior profondità nelle meraviglie di Roma, e che egli ha veduto solo l’esteriore della città come si presenta alla comune dei viaggiatori. Occupazioni non gli hanno mancato, sottigliezze e melanconie egli non ne ha avute in Roma, nè in casa nè fuori « il dimorarvi è attraente », dice egli, « giudicate ora, come Roma mi avrebbe piaciuto, se io mi fossi addentrato di più in quello che essa presenta ». Una particolare descrizione, accanto alle antichità, la dedica Montaigne sopratutto alle vigne ed alle ville, le cui bellezze, a lui dotato di un vivace sentimento naturale, non potevano sfuggire. Ivi per la prima volta comprese il vantaggio, che l’arte può trarre da un terreno non piano e in collina. « Essi sanno utilizzare, dice egli, questa varietà di conformazione del terreno con somma arte, e trarre da ciò incanti, che, nei nostri terreni in pianura, sono irragiungibili ». Come i più bei giardini menziona egli quelli dei cardinali Este al Quirinale, Farnese al Palatino. Orsini, Sforza, Medici, i giardini della villa di Giulio III, e villa Madama, infine la vigna del cardinale Riario a Trastevere e quella del cardinale Cesi fuori porta del Popolo.1 Tutti questi splendidi luoghi erano aperti a tutti nell’assenza dei proprietari. 1 Più in particolare sulle ville e le vigne