Il brigantaggio era una piaga generale. 783 Il naufragare di ogni tentativo di Gregorio XIII nel dare fine al brigantaggio nello Stato pontificio ed alla poca sicurezza in Roma, non deve essere attribuito soltanto al mite carattere del papa, facile al perdono;1 le cause del male erano così profondamente basate sull’insufficienza della situazione politica, e nelle condizioni sociali, che la stessa terribile severità del suo successore solo temporaneamente potè domare i banditi.2 Per giudicare giustamente, si deve inoltre tener presente, che non solo lo stato della Chiesa, ma l’intera Italia aveva da soffrire per il flagello del brigantaggio. Situazioni simili dominavano non ostante il severo governo spagnuolo nel regno di Napoli ed anche nel granducato di Toscana,3 Pure nel territorio della repubblica di Venezia, giustamente celebre per le sue istituzioni politiche, il brigantaggio ci si era così attaccato, che anche il Tirolo del sud ne fu seriamente minacciato. Da Verona, nel 1579 il bandito veneziano conte Ottavio Avogadro con 100 banditi veneziani potè fare una formale irruzione passando per il lago di Garda, in Arco, e quindi di nuovo ritirarsi in territorio Veneziano e molestare il ducato di Ferrara. Avogadro accanto a Piccolomini passava per il più temibile e pericoloso dei banditi italiani; come quello in Roma,, così egli potè comparire nel 1585 alla corte dell’arciduca Ferdinando del Tirolo.4 Come spiegazione perchè il brigantaggio, questo male inveterato di quel tempo, si sia reso molto sensibile particolarmente nello Stato pontificio, il veneziano Giovanni Corraro, nella sua relazione del 1581 porta due precipui motivi: uno egli lo vede nel naturale di Gregorio XIII, che, in fondo, inclinato più alla mitezza che alla severità, troppo tardi aveva riconosciuto, i/sser riconosciuto. iGii * Avvisi di Roma del 9 e 23 febbraio comunicano molte Particolarità sulla piaga del brigantaggio nello Stato pontifìcio. Secondo un * A vviso del 20 marzo i briganti pubblicarono in Velletri dei bandi, che con minacele chiedevano il ritiro delle truppe. Vrb. 1053, p. <3|1, 04, 76, 97, 126, biblioteca Vaticana. Cfr. anche Beltrami, Roma 51, 52. 1 Cfr. la «Vita Sixti V ipsius manu emendata» in Ranke, Päpste III8, 72*. I-a descrizione delle condizioni che abbiamo di Gualterio è sì rettoricamente esagerata, ma esse, alla fine del pontificato di Gregorio XIII, indubbiamente erano molto tristi; cfr. Balan VI, 617s. Con franchezza descrisse al papa le coudizioni in Roma e provincie un parroco romano : * « Caeli Speti paroclii 8. Mariae in publicolis de urbe ad Gregorium P. M. XIII de ventate difenda », ■'"atte. 5514, P- 44-51, Biblioteca Vaticana. 2 Vedi Kartttjnen, Grégoire XIII, p. 91 s. Cfr. la nostra narrazione nel volume seguente. 3 Vedi ATTriMtr il, 5, 469; Hübner I, 231s.; Reumont, Toslcana I, 302 s. 4 Vedi Sylvain II, 327 s.; Egger, Gesell. Tirols II, 233; Hirn I, 505, 50S s. Cfr. Forsch, und Mitteil, zur Gesch. Tirols und Voralbergs XII (1915), 42 s. ^'ogadro assiemje a Piccolomini viene menzionato espressamente come il peg- giore dei banditi nelle * Memorie del card. Galli, Archivio Boncompagni io Roma. ;