826 Gregorio XIII. 1572-1585. Capitolo 12. ciato ad atterrare questi avancorpi ed a lastricare le strade, ma con ciò furono distrutti parecchi ambienti, che per i proprietari delle case avevano un valore non piccolo, le case siccome troppo anguste furono abbandonate, e così le strade erano ora più larghe, ma con molti edifìci demoliti da ambo le parti, erano diventate ancora più brutte. A questo progressivo cambiamento dell’aspetto della città si sarebbe potuto portare un rimedio, qualora due case cadenti fossero state riunite in una sola; però tentativi di tal natura portarono ad infinite vertenze, e spesso i proprietari irritati si rifiutavano di vendere la loro proprietà: iSisto IV procurò portarvi un rimedio, concedendo ai Soprastanti le vie il diritto di espropriare le case pericolanti. Questo provvedimento venne confermato da Giulio II e Leone X ;1 pure nel 1565 dovette di nuovo intervenirci Pio IV.2 Le nuove strade allora costruite erano sì tracciate, ma da entrambi le parti non erano circondate di case e neppure di muri, o le file di case erano interrotte da tratti non costruiti, i quali servivano come luoghi di scarico per macerie e immondezze.3 Per questo Pio IV, ordinò che queste libere aree costruttive dovessero venire chiuse almeno con un muro, e che poi si potrebbe pensare alla pavimentazione delle strade annesse.4 Dall’editto si apprende inoltre che il groviglio di case di Roma era traversato da un cumulo di stretti vicoli, la cui larghezza ascendeva appena a due o tre palmi, e nei quali ugualmente si versava ogni sorta di sudiciume; l’edificio allora da entrambi le parti si rovinava, esalava vapori insalubri e in fine cadeva, per cui il muro fradicio che in qualche modo restava in piedi, veniva di nuovo incorporato negli edifici ed adibito come appoggio per le loggie.5 Come per accrescere di più il lezzo e i pericoli per la salute, numerose case portavano molto all’aperto piccole cloache, per mezzo delle quali lavature ed ogni sorta immaginabile di sudicerie si lasciavan semplicemente scorrere nelle strade.6 Grandi zone nella città e nei suoi dintorni erano coperte di canne e di giunchi, che con la loro aria palustre danneggiavano la salute, impedivano la libera vista del Tevere ed assicuravano un nascondiglio ai delinquenti. Come nel secolo precedente, così si permetteva anche adesso di costruire i II 2 novembre 1516, ibid. 655 s. La conferma per opera di Giulio II ivi menzionata. Anche Alessandro VI confermò in occasione dell'anno giubilare 1500 la bolla di ISisto IV per la strada Alessandrina che egli fece costruire da Castel iS. Angelo alla piazza di iS. Pietro. Ibid. 377 s. 3 Editto del 23 agosto 1565, ibid. VII, 386. a Ibid. § 12, p. 390. * Ibid. § 121-15, p. 390. s Ibid. § 16, p. 391. o Ibid. § 17, p. 392.