398 Gregorio XIII. 1572-1585. Capitolo. 7. i decreti tridentini urtavano contro i diritti della Corona e le libertà della Chiesa gallicana;1 venne anche addotto che la loro introduzione turberebbe la pace con gli Ugonotti; anzi non si peritarono di contestare, se l’introduzione dei decreti di riforma fosse necessaria appellando alla suscettibilità dei francesi, i quali pure possedevano uomini che si potevano confrontare con il Borromeo e il Paleotto. Invano si recarono dal re a Parigi tre vescovi. Il loro interprete, il vescovo di Bazas, Arnaldo de Pontac, alluse con grande franchezza alle conseguenze che portava seco l’abuso del diritto regio di nomina. Egli dimostrò che oltre innumerevoli abbazie, priorati e parrocchie, non meno di 28 vescovati mancavano di un legittimo pastore, per cui ne erano conseguiti inconvenienti così gravi, che era da temere, che l’ira di Dio fosse per rovinare la Francia. Con eloquenti parole egli celebrò come l’unico mezzo di salvezza l’accettazione dei decreti tridentini e il ripristino della libera elezione.2 La risposta di Enrico suonò quasi come un sarcasmo. Disse che anch’egli aveva sempre mirato ad una riforma del clero; che se questa non era stata compiuta la colpa non ricadeva su lui, ma sul clero che non aveva voluto riformarsi, che si rifiutava di consacrare ai poveri la terza parte delle proprie rendite come nell’ antichità, che non contento di un solo beneficio, mirava sempre a cose maggiori. Per ciò che riguardava la libera elezione, Enrico si riportò ai diritti ereditati dai suoi predecessori che egli sinora aveva esercitato col consenso del papa e che pensava di mantenere come re di Spagna e di Polonia. Anche in riguardo aH’accettazione delle disposizioni di Trento, Enrico si riferì ad altri principi cristiani, i quali su ciò ancora esitavano, inoltre ai pericoli che minacciavano all’autorità sua ed alla libertà della Chiesa gallicana, infine al fatto che eranvi già abbastanza decisioni più antiche dei concili, le quali potevano servire come norma di una riforma. Poiché egli anche in tutte le ulteriori trattative restò fermo su questo punto di vista3 alcuni vescovi di un rigoroso sentimento ecclesiastico si decisero di attuare in Francia l’introduzione indiretta dello spirito dei decreti di riforma 1 Molto giustamente osserva' Martin (p. 14!)) : « Tout le secret de l’opposition parlementaire au concile de Trente est là : dans l’idée fausse. caressiV par les Politiques, do l’indépendamce possible, en matières religieuses, d une Église nationale ; dans le .sentiment exagéré de leur juridiction ¡laïque, qu ils entendaient substituer à l'autorité du pouvoir spirituel. Cette disposition d’esprit se manifeste dans toutes les Conférences qu’eurent les délégués de l’Asseffilitée de Mélun avec les gens du roi. 2 Le asserzioni di Pontac vengono confermate intieramente dalle relazi”»1 dei nunzi : v. Martin, Gallicanisme 152. 3 Cfr. la relazione tinaie di Epinae in data Cal. il art. 1580, in Theinik III, 195.