796 Gregorio XIII. 1572-1585. Capitolo 12. recato a s. Pietro, all'imbrunire sembrava che tutta la città andasse a fuoco, perchè tutti i membri delle confraternite si recavano a s. Pietro, ciascuno con in mano una fiaccola accesa. Almeno dodicimila di queste fiamme passarono avanti a me. Dalle otto sino alla mezzanotte la strada fu sempre affollata e regnò ivi il migliore ordine. Poiché, sebbene le numerose confraternite provenissero da luoghi diversi, non si vedevano nè vuoti nè confusione. Ogni corteo aveva un concerto, e tutti cantavano. In mezzo alle file andava una schiera di penitenti, che si percuotevano con corde. Io contai almeno 500 con spalle ferite fino a sangue. Questa gente doveva soffrire molto; pure non si vedeva nè al contegno, nè al passo, nè all’aspetto di quelli di costoro, che andavano a viso scoperto, fra i quali molti giovani, anche ragazzi dodicenni ».1 L’insieme dell’impressione che Roma gli fece, Montaigne lo descrive così : « Qui è tutto nobiltà e corte, dappertutto palazzi e giardini. Non vi è alcuna strada dedita al commercio, che possa raffrontarsi solo con quelle delle nostre piccole città, nessuna Rite de la Harpe o di St-Denis. Io credevo sempre di essere nella Rue de Seine o al Quai des Augustins. L’aspetto della strada è uguale la domenica come nei giorni di lavoro. Durante la quaresima, quando ogni giorno hanno luogo nelle chiese le stazioni, si vedono solo carrozze prelati e dame. Una preferenza di Roma consiste in questo, che essa è la città più cosmopolita del mondo. Differenze nazionali contano poco o nulla; la società pezzo per pezzo è un miscuglio di stranieri di ogni genere, ciascuno è ivi come in casa sua. Il sovrano di Roma abbraccia tutta la cristianità e detta legge a tutti. Alla sua corte non importa donde si venga. A Venezia l’indipendenza della polizia e interessi commerciali allettano una quantità di forestieri, ma là essi sono in casa altrui, qui essi sono nella propria, poiché essi stanno nell’ufficio e nelle dignità. Venezia ha un movimento di forestieri uguale od anche maggiore, ma vi ci si accasa molto meno. Il popolo romano non spalanca gli occhi al vedere costumi francesi, spagnuoli o tedeschi, ed alcuni poveri domandano l’elemosina nella nostra lingua». Venezia e Parigi, che a quei tempi in genere erano tenute per città mondiali, difatti sotto tale aspetto venivano lasciate da Roma nell’ombra ; Roma era la città internazionale nel massimo significato, la patria comune di tutti. i La sontuosità dei Sepolcri nella settimana Santa la descrive l'inviato i'1 Savoia, in Beltrami, Roma 21 s.