Opera riformatrice di Carlo Borromeo. 67 civescovo lo richiedeva alle diocesi dipendenti da Milano; tutti gli altri uffici rinunziarli. E difatti egli rinunziò, appena Gregorio XIII glielo permise, alla dignità di grande penitenziere, di arciprete di S. Maria Maggiore, al Protettorato dei Francescani, dei Carmelitani, del monastero romano di S. Marta, della Fiandra e del Portogallo.1 Quando si voleva eleggerlo visitatore per la Savoia, egli lo schivò.2 Che se egli dimostrò una premura così intensa verso la Svizzera, ciò in fondo avvenne per riguardo alla propria diocesi, poiché egli temette che dalla Svizzera penetrasse il protestantesimo in quel di Milano. Alla sua indefessa attività furono concessi splendidi risultati. A centinaia di preti, ai quali la grave ignoranza e la mancanza di educazione sacerdotale era stata causa di tutti i mali, colla parola e con l’esempio del pastore, fu per la prima volta dischiusa la cognizione della propria vocazione. Ebbe cura il vescovo onde la buona volontà non venisse di nuovo a mancare, come pure che l’impulso e l’incitamento al bene sempre si rinnovasse. Egli divise la sua città come pure il restante della diocesi in sei sezioni, in ognuna di queste i parroci furono riuniti ugualmente in piccoli gruppi. A capo delle sezioni e dei gruppi nominò a suoi rappresentanti i migliori sacerdoti, che egli o aveva già trovato nell’archidiocesi, o aveva dovuto reclutare fuori, cosicché le iniziative che partivano dal vescovo, come lungo una scala si trasmettevano sino all’ultimo parroco del villaggio.s In periodiche adunanze dovevano poi i capi dei sei rioni della città, alla presenza dell’arcivescovo scambiarsi le loro informazioni e presentare progetti per un ulteriore miglioramento delle condizioni. Lo stesso avveniva con i rappresentanti del cardinale nelle sei sezioni del restante della diocesi. Ai parroci fu prescritto di raccogliersi in periodiche adunanze, per trattare tra loro dei casi difficili della cura d’anime, per quindi meglio istruirsi.4 Con particolare premura pensò il Borromeo ad assicurare alla sua diocesi una nuova generazione di esperti giovani chierici. Già sotto Pio IV, sebbene tenuto lontano dalla sua Chiesa per il suo ufficio di segretario di Stato, egli curò per mezzo di Ormaneto la fondazione di un seminario di chierici a Milano, secondo le intenzioni del concilio di Trento. Allorché l’ebbe compiuto e dotato,6 egli non si dette per soddisfatto, e fondò ancora una intiera serie di simili istituti;6 così un seminario che desse a lui parroci per 1 Bascapé 1. 3. c. 1, p. 38 s. 2 lbid. 1. 7, c. 23, p. 203b. 3 Sala, Biografia 22s. Gitjssano L 2, c. 4, p. 64. 4 Acta Eccl. Mediolan. 22 s., 643 ss. 5 Su le rendite del seminario cfr. i brevi presso Sala, Docum. I, 182 s„ 254 s., 284 s., 340 s., 356 s., 449 s. 6 tln sunto presso Sala, Biografia 25 e nella relazione dell’arcivescovo di Milano, Federico Visconti 1689, presso Sala, Docum. I, 551 ss.