Congiure vere e presunte contro la vita di Elisabetta. 317 la stessa risposta, gli è che il caso di Elisabetta era sostanzial-n’. ¡ite differente. Essa era espressamente colpita dalla scomunica e i posta ; essa per questo, secondo il diritto di allora, era un’usur-!>: : ice, e una sollevazione dei suoi sudditi contro essa con tutte it sue conseguenze era giudicata come lecita.1 Gregorio XIII, loinco canonista, trovava tanto meno motivo per deviare dai prin-i ii in vigore, inquanto egli giudicava Elisabetta incorreggibile i 'a riteneva causa della perdita di milioni di anime.2 II nunzio ? « ìecitò Ely perchè affrettase il più possibile l’esecuzione del P «getto.3 Ma questi nel suo viaggio di ritorno verso quei nobili Meyer (p. 228) ilice : « Gregorio XIII si vale indifferentemente di tutti .•zzi della politica secolare del suo tempo: egli è l’unico dei papi della . ) i roriforma, cui l’assassinio .qualora sia compiuto al servizio della Chiesa, ap-ji; : .e come un’opera meritoria». A p. 231 Meyer riporta tradotta la lettera r Calli, menzionata sopra, a p. 316, n. 1, ed aggiunge: «Queste parole vanno i in più avanti di quello che permette il diritto canonico verso scomunicati. scomunica nel diritto della Chiesa teneva lo stesso posto come il bando nel ■ irto civile. L'uccisione di uno scomunicato, nel diritto canonico non è con-1 s.ta come un assassinio, ma certo come un atto che deve essere scontato, » non ne soffra la disciplina ecclesiastica, e perchè facilmente in quell’atto polloni concorrervi motivi non puri. Nel mentre Gregorio ammette l’uccisione < Elisabetta come meritoria e come opera buona, questo papa, del l'esto giu-j : u-a mente severo, lascia il modo di vedere del diritto canonico, e prende il i posto fra i seguaci della dottrina dell’omicidio politico». » 'ontro tale esposizione, che è immune da animosità, come quella che non 1^ irebbe attendersi altrimenti da un dotto cosi serio, quale è Meyer, occorre " '.iettare quanto segue: Urbano II, c. 47, C. 23, q. 5 dice bensì che egli (nel 1 > a lui presentato) non ritiene per omicida quegli che in uno slancio di zelo la sua madre, la Chiesa, abbia assalito uno scomunicato. Ma con questo non '■ iato ancora pronunziato il principio generale che l’uccisione di uno scomu-unto — definita anche da Urbano II, loc. cit., per un flagitiuni — non sia un 1 '¡¡oidio e che possa liberamente permettersi. Neppure Phinees e Matatia uni. 25, 7 e I Macc. 2, 26) vengono manifestamente considerati come omicidi: ii ciò però s’è ben lungi dal presentare le loro azioni come lecite o come norma. Lo zelo per l'onore di Dio fa sì che trascurino di osservare che essi ii sono costituiti per la punizione dei colpevoli: Vautore, nel loro caso, merita ! no. non però la sua azione senz’altro (cfr. E. Michael, Ignas v. Dòllingers l'l|4], 548 s.). Per Gregorio XIII è chiaro che il punto di partenza è la bolla '■i l’io V; secondo questa, Elisabetta non era sovrana legittima, ma usurpatrice, li tentativo di rimuovere l’usurpatrice con una sollevazione, era quindi secondo lui legittimo. Per ciò si è corso troppo, dicendo che Gregorio XIII inilifferen- * mente abbia accolto tutti i mezzi della politica laica, o considerato l'assassinio come santificato dal fine buono. Egli non soggiacque all’infezione di una Peste allora generale, ma fu guidato da concetti giuridici. Nella traduzione risposta di Galli presso Meyer, il punto «poiché quella rea femina d’Inghilterra occupati dui regni sì nobili » non è stato riprodotto bene. La parola ,r occupati » ha qui, come lo dimostra l’allusione che tosto segue alla bolla di "mimica di Pio V. il senso di «usurpati». - Ma già il suo successore giudicò Elisabetta altrimenti, perchè sperava il firn ritorno al cattolicismo. Pertanto respinse recisamente una proposta di uccidere Elisabetta. Più particolarmente nel voi. X. 3 Lettera a Galli del 14 novembre in Meyer 427.