Documenti inediti e comunicazioni d’archivi. N. 71-75 903 morte del S. Raimondo Orsino». Galli osserva qui: «E venuto [il Papa] in opinione di molti per troppo credulo et facile, et mite. Ma la verità è che egli era prudentissimo et sagacissimo, et per la gran prudenza sua mostrava molte volte di credere quel che conosceva essere in contrario, perchè così espediva di fare secondo la qualità de le persone et de li negotii che correvano, et soleva dire che dove non si poteva provedere, bisognava dissimulare per non far peggio, et quelli che l’accusano di troppo facile et mite, dovrebbono considerare che in un principe ecclesiastico et vicario di Christo, non propriamente signore, ma padre spirituale di tutto il genere hum ano, è più laudabile inclinar a questa parte che a la sua contraria, oltre che per otto anni continui del suo pontificato nissuno gli attribuì mai questo difetto, perchè non ci erano fuorusciti ne altri malfattori ne lo stato ecclesiastico, ma di poi per la mala qualità de tempi et per la pessima natura d’alcuni si fecero nascere li fuorusciti et li travagli die si videro, et se ben il Pontefice fece ogni sforzo suo et non perdonò a spesa ne a fastidio per estinguerli, non puote pero conseguirlo mai, et così per minor male l’andò tolerando con tanto maggior charità verso la quiete publica quanto che sapeva benissimo l’origine et il fomento di tutto il male». Due altri capitoli trattano « De la distruttione di Monte Marciano » e su la posizione di fronte ai torbidi in Portogallo; m quest’ultimo però Galli tace la sua opposizione di allora a Gregorio XIII (v. sopra p. 258). Riguardo alla lega anti-turca, osserva Galli, che il papa, nonostante tutte le disillusioni « mai perse la speranza ». Merita esser riportato alla lettera ciò che Galli osserva su l'atteggiamento di Gregorio XIII di fronte a Stefano Biithory; egli scrive: «Dipoi nel secondo interegno non ebbe parte alcuna ne la creatione del Rè Stefano, anzi gli fu contrario, perchè non haveva sicurezza alcuna ch’egli fusse cattolico, et dubitava de la dipendenza per la Transilvania dal Turco, onde commandò al nuntio suo in Polonia, che era il vesc. di Mondovì, hora cardinale, che favorisse più presto Massimiliano imperatore, si come fece, et per ciò fu eletto il detto Massimiliano da tutto l’ordine ecclesiastico, del vesc. di Cuiavia in poi et da tutti gli ordini secolari cattolici, et se Massimiliano era presto a entrare in Polonia, conseguiva il regno senza alcuna dfficoltà, ma il suo procrastinare fu causa che Stefano anticipasse et si fermasse nel possesso, con tutto che fusse stato detto da la minore et peggior parte, ma assai importò che egli havesse per fautore il cancelliere persona di grande autorità et la principessa Anna sorella di Sigismondo Rè di Polonia morto, la quale favorì Stefano con animo di maritarsi poi seco, come fece. E ben vero che mostrandosi poi il Rè Stefano nel principio del suo regno inclinato a cattolici et divoto del Pontefice et de la s. Sede, et sforzandosi ne le occorrenze pubbliche di dar quanto poteva buon saggio di se a li ministri apostolici et nel resto governandosi con molta prudenza, et scoprendosi in lui molto valore et esperienza militare, acquistò interamente la gratia del Pontefice, il quale non restò poi di abbracciarlo et haverlo caro et far qualche