138 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 2. conclusione.1 Ancor più a lungo si trascinò il disbrigo d’un’altra questione importantissima, la rinnovazione delle antiche prescrizioni intorno al dovere della residenza per i vescovi e tutto il clero, specialmente nei benefizi connessi a cura d’anime. Qui era in questione uno dei mali principali della Chiesa, di cui non si poteva differire la cura fino alla riunione del concilio, che noni era dato di calcolare in vista delle ostilità di Carlo V e Francesco I. Già nel 1522 il Campegio aveva chiamato l’attenziione di Adriano VI sulla necessità di apportare radicale cambiamento in questo punto.2 Numerose scritture peroranti la riforma, in particolare anche il memoriale dei cardinali del 1537, avevano fatto risaltare questo negozio nel modo più forte.3 Il 13 dicembre 1540 Paolo III, restringendo magnanimamente i diritti papali, fece il primo passo decisivo per togliere i cattivi abusi risultati dalla inosservanza dell’obbligo della residenza. Tutti gli arcivescovi e vescovi presenti in Roma, più di 80, furono chiamati dinanzi al papa, che in un discorso molto scelto espose loro la necessità che ritornassero' alle loro sedi per dirigere il loro gregge. Allo scopo di renderveli più propensi egli offrì ai medesimi per il tempo della loro residenza la libera alternativa nella provvisione dei benefìzi, giurisdizione sugli esenti ed altre grazie.4 A tale notizia il Cortese scrisse giubilando al Contarmi : « se a questa prescrizione si darà forza e verrà eseguita in modo conveniente, con questo inizio si sarà già fatto più della metà : essa sarà una benedizione non solamente per i greggi da tanto tempo orfani, ma anche per i pastori stessi e se gli altri atti risponderanno a questi primi, io veggo già in ¡spirito la santa Chiesa in nuova e bella figura».5 Come riferisce Vergerio all’Aleandro, l’azione del papa fece la migliore delle impressioni anche in Germania.6 In breve però doveva apparire che qui pure dal comando all’esecuzione c’era un gran passo, per compiere il quale bisognava vincere innumerevoli impedimenti. I vescovi dichiararono ch’erano pronti a seguire l’ordine del papa qualora egli li mettesse in condizione di risiedere con vantaggio e dignità nelle loro diocesi. Paolo III rimandò l’affare alla grande commissione per la riforma, che esaminò per la 1 Vedi Ehses, iKirchl. Re forni arbeiten 173 s. ed Ehses IV, 456 s. ; cfr. Bromato II, 98 s. Che la riforma della Penitenziaria diventasse realtà, risulta da una * lettera di G. Tiranno alla duchessa d’Urbino in data di Roma 28 marzo 1545. Archivio di (Stato in Firenze. 2 Ofr. il nostro voi. IV 2, 58 s. 3 Cfr. sopra p. 112 s. Anche il cardinale 'Simonetta rilevò molto forte nel 1538 la colpa deU'episcopato riguardo al decadimento della Chiesa : v. Epist. ad Nauseam 225. * Vedi Ehses, Kirchl. Reformarb. 3®S ed Ehses IV, 454. s Opera Cortesii I, 142. Dittrich, Conlarini 404. e Vedi I.aemmer, Mon, Vatic. 10.