274 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 5 b. colo in certo modo delle difficoltà del nunzio. Solamente ai membri della maggioranza di ciascun partito si sarebbe potuto permettere di aggiungere qualche cosa alle dichiarazioni dei due primi oratori che parlarono in suo nome: le vedute della minoranza potevano rimettersi al commissario imperiale e venir trattate a seconda del suo parere.1 Sulle prime il Morone erasi messo pienamente quieto per questa piega delle cose ed aveva notificato a Roma essere eliminato il pericolo d’una votazione. In seguito risorsero dn lui dei dubbii, che scomparvero in certa quale misura solo quando ai 5 di gennaio Granvella gli diede ad intendere, che in caso di cattiva piega egli ad ogni momento poteva facilmente mandare in fumo la conferenza, giacché a causa della vicinanza dell’imperatore dipendeva unicamente da lui di farsi scrivere dal medesimo ciò che riteneva necessario. In quest’occasione Granvella promise solennemente che non ammetterebbe cosa alcuna a damino della causa cattolica.2 Addì 5 gennaio i protestanti accettarono la proposta della disputa tenuta da due oratori principali per parte, esigendo però, che dopo i discorsi di costoro anche gli altri deputati dei due partiti potessero esprimere il loro avviso.3 Se ciò veniva ammesso, i rappresentanti del Brandenburg, del Palatinato e di Julieh avevano l’occasione di dichiararsi apertamente per la nuova dottrina, così che i protestanti avrebbero poi potuto vantare vittoria.4 Perciò i rappresentanti di Magonza e Baviera dichiararono inammissibile tale concessione. Invano il Granvella cercò di metterli quieti con nuove proposte : essi andavano più avanti ancora del Morone, col quale nel resto stavano in intimo accordo.5 Granvella era disperato e come per l’addietro così anche ora minacciò ai rappresentanti pontifici un concilio nazionale, che essi però riconobbero uno spauracchio non seriamente pensato.6 Da ultimo ili Granvella, in seguito alla cocciutaggine addimostrata dagli incaricati di Magonza e di Baviera, perdette la pazienza e agli 11 di gennaio del 1541 rivolse all’imperatore la preghiera di dare l’ordine di scioglimento dell’adulnlanza di Worms perchè, date le circostanze del momento, dalla conferenza non c’era da aspettarsi che un’acutizzazione dei contrasti.7 1 Corp. Ref. IV, 5 ss. 2 V. le relazioni di Morone del 2 e 6 gennaio 1541 presso Ranke VI, 318. 320-321. 3 Vedi Roeder, De colloquio Wormat.. Noa-imfo. 1744, 121 s. e Friedens-iìurg in Zeitschr. für Kirchengesch. XXIII, 115. * Cfr. la lettera di Oampegio del 13 gennaio 1541, meglio in Beccadf.ixi 1 2, 10(5 s., che nell’edizione di Schultze in Zeitschr. für Kirchengesch. III. 04i\ 5 V. la testimonianza di Morone (presso Beccadeixi I 2, 96, 101. ® Vedi Beccadelli I 2, 100 ; Ranke VI, 307 s. t Friedensettrg in Zcitschr. für Kirchengesch. XXIII, 116, che per primo ha measo in luce questi fatti.