578 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 12. quali dissonanze potesse avere quel precipitato provvedimento preso senza il suo assenso.1 Mentre non li lasciò in dubbio su questo suo modo di pensare,2 egli ¡stimò tuttavia opportuno di non sconfessare officiaimente i legati conciliari, che avevano creduto di agire conforme al suo sentimento. In realtà la traslazione non poteva venire attaccata in quanto che era stata deliberata dalla maggioranza dei membri del concilio.3 In un concistoro del 23 marzo 1547 il papa approvò la misura presa, contro la quale non fecero opposizione che tre cardinali, gli spagnoli Juan Alvarez de Toledo e Francisco de Mendoza in una col Sadoleto.4 Dal principio, coadiuvato dal Cardinal Farnese, Paolo III si adoperò in tutti i modi per impedire che l’inatteso incidente accrescesse la forte tensione già esistente coll’imperatore, ma l’ambasciatore imperiale Vega non voleva ascoltare giustificazione alcuna e rifiutava qualsiasi fede all’assicurazione che il papa non avesse preso parte aliai traslazione.5 Non altrimenti pensava Carlo V stesso. Addì 17 marzo egli aveva mandato un corriere a Roma latore pel Vega dell'incarico di esprimere al papa il suo sdegno e di esigere nel modo più reciso che il concilio venisse nuovamente trasferito a Trento. L’ambasciatore, che ricevette quest’ordine il 24 marzo, l’eseguì la sera dello stesso dì. Prima dell’udienza il Cardinal Farnese lo scongiurò di moderarsi e di «gettare più acqua che legne nel fuoco». «Non porto nè acqua nè fuoco», rispose Vega, «ma farò ciò che Sua Maestà mi ha comandato». E poiché anche Paolo III era molto eccitato, l'udienza sarebbe corsa tempestosissima se all'ultimo momento l’avveduto pontefice non si fosse padroneggiato. In forma temperata espose al Vega che egli non aveva avuto affatto parte nel prendere la misura della traslazione, ch’eragli venuta tanto di sorpresa come all’imperatore. Poiché il concilio avevaia decisa con una maggioranza di più che due terzi, non potere egli tornare a trasferire l’assemblea a Trento senza aperta lesione della sua libertà, a ciò aggiungendosi che ilà perdurava tuttora la malattia contagiosa. Qualora il concilio di sua propria iniziativa deliberasse 1 Ofr. Pallavicini lib. 9, e. 16 ; Maynieb 511 s. 2 A mezzo di Maffei fece scrivere ai medesimi, che avrebbe visto più volentieri che il concilio fosse rimasto ancora alcuni mesi a Trento e vi avesse continuato la sua attività : in altre due sessioni esso avrebbe potuto fissare ì decreti ancora necessarii e poi forse chiudersi (Palla vicini lib. 9, c. 17). 3 V. Wiener Jahrb. der Literatur OXV, 115. * Pallavicifi (lib. 9, c. 16) secondo Massabelli Diarium IV, ed. Mekkì.e I. 1*33 dà il 23 marzo, mentre la diffusa relazione di Bonifazio Ruggieri (in Nuntiaturberichte IX, 528, n. 1) pone il concistoro ai 24. In * Acta consist. iArcdiivio concistoriale del Vaticano) esso non è registrato. 5 V. la lettera di Maffei del 26 marzo* e quella di Farnese del 5 aprile 1547 in Nuntìaturberichte IX, 527 s., 530 s.