Paolo III. 1534-1549. Capitolo 7. egli passò ancor molto giovane sotto la protezione d’un amico di famiglia, il gran tesoriere di Ferdinando il cattolico, Juan. Velasquez, che risiedeva ora ad Arevaio, ora alla corte reale.1 Secondo l’uso del tempo gli studii d’Ignazio limitaronsi ad apprendere il leggere e lo scrivere. Morto il Velasquez, Ignazio prese servizio militare presso il duca di Najera, viceré di Navarra. Da genuino figlio della cavalleria quale allora vigeva in Ispagna, egli viveva penetrato dello spirito della fede cattolica, che la cavalleria aveva difesa contro i Mori in guerre durate per secoli : pronto a combattere, smanioso di guerra, magnanimo, ma nel resto non proprio un santo. Juan de Polanco, che in seguito visse per anni ai fianchi' d’Ignazio, narra come nei suoi anni giovanili questi fosse stato dedito al giuoco ed avesse avuto le sue avventure amorose.2 Quand’ecco una crisi : la vita d’Ignazio doveva ricevere un’indirizzo, per cui da spadaccino mondano diventò un gagliardo difensore della Chiesa e della Santa Sede e il fondatore d’un Ordine religioso. Assediando i Francesi Pamplona nel maggio 1521, Ignazio sostenne l’avviso di tenere ad ogni prezzo la fortezza, che cadde solo dopo che il valoroso cavaliere venne gravemente ferito a una gamba da una palla di cannone.3 II ferito fu portato in patria al suo castello, dove risultò che la gamba era stata male aggiustata sì che la si dovette nuovamente rompere. Ignazio non diede a conoscere lo spaventoso dolore che col serrare vigorosamente i pugni. La guarigione procedette molto lentamente e l’ammalato per cacciare il tempo desiderò avere romanzi cavallereschi. Non trovandosene alcuno in casa, gli venne dato un leggendario spagnolo dei santi e la versione spagnola di quella grande Vita di Cristo, che il certosino Ludolfo di Sassonia aveva compilata dagli Evangeli e dagli scritti dei santi Padri. Ignazio leggeva e meditava le sante storie, che v’erano narrate, ma tornavangli ognora alla mente pensieri mondani. Per due, tre, quattro ore, così racconta egli stesso, andava immaginando quali fatti d’arme avesse da compiere a servizio d’una dama. ci’Antiochia, discepolo dlegli Apostoli, ma sotto quella «l'un santo spagnoli, l'abbate >benedett:ino Iñigo (Enecho) dfOila : fino al 1537 egli si firmò solo •s: Iñigo» (Mon. Ipnat. Ser. I. I. 99. ,156. 246) ; dal 1537 al 1543 «Inigo» e «Ignacio» alternativamente ; dal 1543 compare con un’ecicezione solo «Ignacio», « Ignatìns » : pane ch’egli l’abbia erroneamente ritenuto equivalente a « Iñigo » (cfr. Astrain I, 2-3). 1 Fita in Boletín de hi real Academia de hi Historia XVII. Madrid 1890. 192-520. 2 Vita Ipnatii Loiolae et rerum Societatis historia I, Matriti 1S94, 10: cfr. altre testimonianze presso Astrain I, 13 s. V. anche gli atti del processo in Mon. Ipnat. Ser. IV, I, 508-597, dai quali però non può stabilii«! se l’accusa ivi trattata di gravi fatti compiuti di notte con premeditazione e malizi8 fosse giusta o meno. Nè isi sa se fu data sentenza. s Autobiografia n. 1, 2 (Mon. Ipnat. Ser. IV, I, 38).