562 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 12. Non di rado viene considerato siccome un’offesa la cessazione d’un beneficio. Paolo III era troppo buon conoscitore degli uomini per non saperlo e perciò al breve steso ai 22 di gennaio del 1547, che annunciava il richiamo delle truppe ausiliarie pontifìcie, fece dare una forma temperata al possibile. Nei termini più onorifici si fanno a Carlo le felicitazioni per la vittoria sua, alla quale aveva però preso parte anche il papa, e si esprime la speranza che egli coronerà la sua opera col ristabilimento della religione cattolica in Germania. E conforme a genuina arte diplomatica solo proprio in ultimo si tocca in breve la cosa più importante: «poiché ora la guerra è come finita e la tua posizione è affatto favorevole e sicura, così abbiamo deciso di richiamare dalla Germania le truppe ausiliarie, che t’avevamo mandate e che attualmente sono fortemente ridotte, coll’intenzione di nuovamente accorrere, come abbiamo fatto finora, in tuo aiuto secondo le forze nostre e della Sede Apostolica nel caso che s’avesse da offrire un’altra occasione e tu cominciassi una simile guerra contro i nemici della religione cristiana».1 Al cardinale Farnese, sempre favorevole al prolungamento dell’alleanza toccò l’ingrata missione di dare più particolareggiata istruzione al Verallo sul modo con cui presentando il breve aveva da giustificarne il contenuto. Il nunzio doveva principalmente far notare quanto gravemente avesse il papa sentito, che per lungo tempo fosse stata negata qualsiasi udienza al suo rappresentante e che questi contro i patti non fosse stato chiamato alle trattative cogli Stati protestanti dell’impero. In un drastico poscritto Farnese dà viva espressione al suo dolore per la piega intervenuta: non esserglisi voluto credere quando trovandosi alla corte imperiale aveva esortato ad avere maggior riguardo verso il papa : come Cassandra avere egli preveduto tutto.2 Le brutte apprensioni di Farnese furono superate dal modo, con cui in un’udienza del 2 febbraio 1547 a Ulm l’imperatore, eccitato anche per la pubblicazione del decreto sulla giustificazione da parte del concilio di Trento, e per le sollecitazioni di Bertano a far la pace con la Francia, rispose all’ambasciata di Verallo. Relativamente al nielliamo delle truppe pontificie, Carlo V osservò con sprezzo di essere molto grato a Paolo III perchè lo liberava da quei briganti italiani, che non avevano fatt’altro che male; ma i motivi addotti per tale provvedimento essere sciocchi e falsi. Per le felicitazioni maindate baciare egli il piede a Sua Santità, ma non 1 Vedi Raynald 1547, n. 98; cfr. Nuntiaturberichte IX, 422, n. 1. 2 Lettera di Farnese a Verallo 22 gennaio 1547 (Nuntiaturterichte IX. 421 s.). Giustamente Friedensbtjrg (ibid. xlvi) quanto al rifiuto dell'udienz-i dice che questo lamento non era fondato, ma io non so trovare elle non ci fos»* neanche violazione di patti. L’ammettono anche de Leva (IV, 184) e Rank’ì tDeutsche Oesch. IV», 300).