722 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 15 b. fu risparmiato per rendere l’edifizio il più sfarzoso fra i molti magnifici palazzi deireterma città.1 È una favola, il racconto a lungo creduto, che nell’erezione del palazzo abbia servito da cava di pietre il Colosseo avendo le indagini recenti provato che i blocchi di travertino vennero fatti venire da Tivoli. Si ricavò marmo dalle ruine d’Ostia e in Roma principalmente dalle terme di Caracalla e dalle gigantesche rovine nel giardino dei Colonna, che erano considerate siccome il Tempio del Sole di Aureliano.2 Il carattere della grandiosità, che è proprio a tutto il genuinamente romano, appare in maniera sbalorditiva nel palazzo Farnese, detto dal popolo il « dado » a causa della sua forma. A malgrado delle piccole finestre troppo ¡avvicinate la facciata è una delle creazioni più imponenti dell’architettura moderna. Nelle decorazioni i gigli dei tFarnese occupano quel posto, che è assegnato alle rose nella Cancelleria. Coll’imponenza della facciata gareggiano i locali interni : la, comoda grandiosa scala, i giganteschi corridoi e sale. Per questa spaziosità senz’eguali e per l’esteriore pieno di forza e tuttavia ben armonico l’edificio divenne il tipo del palazzo romàno3 e la degna sede per i tesori dell’antichità, che i Farnese raccoglievano. Al principio del 1546 la facciata esterna, era avanzata fino all’altezza della cornice. Al papa non sfuggì quanto importasse per l’effetto di tutto l’edificio che venisse foggiato bene questo coronamento ; egli quindi indisse un concorso, al quale presero parte anche Pe-rino del Vaga, Sebastiano del Piombo e Vasari. Paolo III si decise a favore del progetto presentato da Michelangelo. Con quale cura il Maestro si mettesse all’opera è dimostrato dalla circostanza, che ad un angolo del palazzo fece fissare un modello del coronamento in legno alto più di tre metri, il cui effetto soddisfece fuor di modo il pontefice. Vasari opina, che nè Èdif. 259 ss. ; Geymüller, Les du Cercewu, Paris 1887, 13, 26 s. ; Lanciasi, Scavi II, 151 s. ; Bourdon, Un plafond du Palais Farnese (estr. dai Mèi. d’archéol. XXVII). Rome 1907; Thode V, 195. Prepara un’estesa monografia ,sn Palazzo Farnese, di cui uscirono due capitoli nella Revue des Deux Mondes 1895 e 1900. F. de Navenne, consigliere dell’antica ambasciata francese presso la S. Sede (cfr. anche Navenne, P. L. Farnese 267,s.). i Cfr. Amasaeus 19, 78. Secondo i libri di conto della Camera Apostolica solo per gli anni 1546-1549 ia somma impiegata nella fabbrica importò 73.178 scudi (Fé*, Disseti, s. rovine di Roma 399; Moroni XXIII, 202). Già nel 1542 Parilo III era venuto a questione con Pier Luigi Farnese, che non voleva contribuire per la fabbrica 400 scudi al mese (v. in App. ai. 57 la * relazione di A. Serristori del 30 agosto 1542. Archivio di Stato in Firenze). - Vedi Lanciani, Scavi II, 119. 153 s. e Renaissance 123 s. 3 Cfr. Taine, Italie I (1889), 255 s. ; Gaz. des beaux Aris XXXI (1904), 127s.; vedi Burckhardt-IIoltzingeh 201, 207, 217; Nolh, Tagebuch, Stuttgart 1877, 150 : Ebe I, 134 ; Schmarsow, Beiträge sur Ästhetik II, Leipzig 1897. SO s. ; Riegl, Barockkunst 73; Gnoi.i, Roma, Roma 1909, 166 s.