326 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 5 e. molte nefaste confusioni. Sempre più chiaro apparve, che ora non trattavasi più di particolari vedute ed errori teologici, ma della questione essenziale, deH’assoggettamento alla suprema autorità ecclesiastica. Tra coloro, che rimasero fedeli all’antica Chiesa, regnò ancora come per l’addietro l’accordo sulla necessità di riforme ecclesiastiche del pari che unanimità sul punto, che, come dice Isidoro Ciardo vescovo di Foligno, nessun guasto possa essere sì grande da giustificare un’apostasia dalla santa comunione della Chiesa. Non è meglio, ribatte il Clario, restaurare quel che si ha, di quello che confidare in tentativi non sicuri di creare qualche cosa di dif-che confidare in tentativi non sicuri di creare qualche cosa di differente? Non si deve pensare ad altro fuorché a migliorare l’istituto antico ed a purgarlo dai suoi difetti.] Al pari di Paolo III professarono questo indirizzo riformativo i molti nobili uomini, che egli chiamò nel Collegio cardinalizio. Riforma nella Chiesa e colla Chiesa, non fuori od anzi contro di essa, ecco ciò in cui essi riconoscevano la salvezza. Ma quanto all’azione contro i novatori religiosi continuarono ancora a lungo grandi diversità d’opinioni. Come il loro maestro Contarmi, il Pole, il Morone e per lungo tempo anche il Sadoleto2 furono eziandio in seguito d’avviso, che dolcezza quanta possibile, istruzione e trattamento amichevole ed affettuoso 'avrebbero ricondotto nel modo migliore e più sicuro gli erranti alla Chiesa. Di fronte ad essi il partito rigido, con alla testa i cardinali Carafa e Alvarez de Toledo, specialmente dopo che a Ratisbona era andato fallito l’ultimo tentativo d’un componimento amichevole coi protestanti, sosteneva il punto di vista, che in considerazione della gravità del pericolo minacciante la purezza della fede quasi dappertutto e persino in Italia, si dovesse metter mano .alle più severe misure di difesa e che dovesse procedersi contro tutti gli eretici con quell’estremo rigore di forza materiale, con cui nel secolo xm la Chiesa s’era difesa dai Vai-desi e dai Catari. Allorché sotto l’impressione del pericolo, che città sì grandi come Modena e Lucca minacciavano d’andar perdute per la Chiesa, col riorganizzare l’inquisizione3 si decise nel 1 Cfr. Byss I. 601-002 e specialmente Lauchert in Studicn aus dem Be-nediktinarorden XXIX (1908), 611-622. Nel suo Specuìum ìiaereticorum (Cra-coviiae 1540) Ambrogio CaTarino dice: i difetti moTali'nelle persone di Chiesa nessuno li deplora più idei fedele cattolico, ma per lui essi non sono ragione di rifiutare d’obbedienza «1 legittimi superiori ecclesiastici e di staccarsi dalla (Mesa. 2 Sadoleto, che colla sua dolcezza e amabilità con Melantone era andato si avanti, non ne raccolse ohe amare umiliazioni (vedli Kawerau, Die Versuehe, Meìanchton ecc. 48 s.). Lo respinse bruscamente anc-he Calvino nella sua risposta all’invito del Sadoleto ai Ginevrini di ritornare alla Chiesa (v. Cori/. Kcf. XXXIII, 368 s.. 385 s.). Se ciò producesse in lui il cambiamento va lasciato indeciso. È cosa sicura, che nel 1545 egli approvò la punizione sanguinosa dei Valdesi (v. ItcaTmzykl. del Herzog XVII\ 331). 3 Cfr. in proposito sotto, cap. 14.