456 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 8 a. sero fermi sul punto, che non potevano concedere l’udienza nella cattedrale; si convenne però che essa sarebbe concessa agli oratori nella casa del cardinale Parisio. Là comparvero essi col seguito addì 9 gennaio.1 Il vescovo d’Arras tenne un discorso, nel quale dapprima parlò della necessità del concilio e del continuo grande zelo dell’imperatore per il medesimo, che veniva nuovamente addimostrato anche allora col fatto che aveva mandato i suoi oratori, i quali colla loro presenza dovevano cooperare in suo nome all’effettuazione del concilio. Se Carlo V non era comparso personalmente, servirgli sufficientemente di scusa le presenti complicazioni guerresche, le quali non permettevangli di lasciare i suoi regni: anche il loro tardo comparire avere la sua ragione nel rischio e poca sicurezza che, date le circostanze del momento, presentava il viaggio ; i prelati pure non aver potuto fino allora- venire a causa di questa poca sicurezza: promettere però in nome deH’imperatore che più tardi, ove non ne fosse impedito contro il suo volere, comparirebbe egli stesso qualora la sua presenza fosse profittevole per il successo del concìlio e manderebbe i suoi vescovi tosto che potessero viaggiare sicuri. Ora trovarsi là essi con, estesi poteri di promuovere in ogni guisa il concilio. Dopo questo discorso fu data lettura del mandato imperiale, indi, dietro richiesta del Granvella, redatto un atto notarile su tutta l’azione. Chiusa quest’operazione pubblica gli oratori assicurarono ancora una volta senza testimoni i legati della loro migliore volontà. Ma il dì seguente, 10 gennaio, Granvella del tutto inaspettatamente dichiarò ai singoli legati, che il giorno dopo egli doveva recarsi alla dieta di Norimberga2 e conformemente a ciò l’il gennaio abbandonò col figlio la città conciliare. Tutto il modo del suo comportarsi unitamente alla sua partenza per la Germania riempì i legati di fondato sospetto. Sospettavano essi, : che Granvella fosise venuto a Trento soltanto per constatare che il concilio non aveva ancora avuto principio : temevano inoltre che, trascorsi i diciotto mesi fìssati nella deliberazione ratisbonense, la diplomazia imperiale mirasse nella dieta di Norimberga o a decretare il concilio nazionale oppure a concedere ai protestanti tutte le loro pretese al fine di ottenerne l’aliuto contro i Turchi. Per ovviare a questo pericolo il papa — così gli esposero i legati — nulla ora trascuri onde indurre i vescovi a recarsi a Trento affinchè si realizzi il concilio, mandi inoltre qualcuno da Roma a Norim- 1 Gfr. in proposito l’atto notarile: Comparitio oratorum Caroli V Imperatoris coram legatis Apostolicis. Orai io haUta al) Antonio Percuoto, episcopo Atrcbatensi. Tridenti 9 ianuarii 151,3. (Ehses IV, 300-303). 2 Sommario del ragionamento harwto da Monsgr. Di Granvella col card. Corone alK 10 di gennaro 151,3 in Trento (Ehses IV. 304 s.). Ex eiusdem Qran-vellae colloquiis cum Parisio et Polo cardinalibus habitis Tridenti 10 ianuarii 151,3 (ibid. 305 s.). s I legati a Farnese circa il 12 gennaio 1543 (ibid. 306-308; cir. 297, n. 1)