372 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 7. L’agostiniano Agostino Piemontese giudicò venuto allora il momento di seminare in Roma le dottrine protestanti, che portava in cuore e predicolle, ma con prudenza. Loyola però e i suoi aiutanti indovinarono l’uomo e dopo averlo invano esortato a quattr’occhi, 10 confutarono dal pulpito. Il monaco montò in furore del pari che alcuni spagnoli appartenenti al circolo dei suoi ammiratori, i quali cominciarono a spargere i più gravi sospetti contro i nuovi predicatori. E poiché trovavano fede largamente, Ignazio insistette perchè si facesse un’indagine e gli fu cosa facile sbugiardare il principale strumento delle calunnie, un navarrino, e ottenerne la cacciata da Roma. Gli altri ora fecero la dichiarazione, che consideravano irreprensibili i padri, ma con ciò doveva poi terminare 11 procedimemto e seppellirsi la faccenda guadagnando essi a questo espediente sia il cardinal legato1 sia il governatore della città. Ma per Ignazio ed i suoi era impedita un’azione salutare qualora dal loro nome non fosse tolta ogni macchia e non fosse levato qualsiasi sospetto sulla purezza della loro dottrina ed Ignazio quindi insistette irremovibile perchè si seguisse la procedura ordinata. Andò a Frascati da Paolo III ed in una lunga conferenza riuscì ad ottenere l’ordine, che l’affare venisse condotto a termine e la sentenza si pronunciasse in piena forma giuridica. La fu però cosa non facile ad ottenersi perchè i nemici avevano potenti relazioni e non erano inesperti nell’arte dei raggiri. Ad Ignazio tuttavia tornarono utili speciali circostanze. Precisamente allora tro-vavansi a Roma tre dei giudici, avanti ai quali era comparso per l’addietro: il vicario episcopale di Alcalá, l’inquisitore parigino Ori e l’uditore del nunzio di Venezia, che ad una voce confermarono l’innocenza di lui e dei suoi amici. Da Vicenza, Bologna. Siena, dove i padri avevano lavorato, vennero splendide attestazioni ed anche il cardinal Contarmi e il duca di Ferrara presero a cuore i perseguitati. Finalmente, dopo che il doloroso affare s era trascinato per otto mesi, Benedetto Conversini vescovo di Ber-tinoro diede nella sua carica di supremo giudice civile ed ecclesiastico in Roma la sua sentenza dichiarando affatto innocenti tutti i dieci essendo state senza fondamento tutte le accuse contro i medesimi.2 Ora Ignazio potè celebrale in pace la sua prima Messa, ciò che fece a S. Maria Maggiore pel Natale del 1538.3 Proprio allora 1 Non l’inviato imperiale come traduce H. Böhmer (Die Bekenntnisse 'le* Ignatius von Loyola, Stifters der Gesellschaft Jesu, Leipzig 1902, 64). 2 Ignazio a Pietro Canterini e ad Isabella Roser da Roma 2 e 19 dicembre 1538 (Man. Ignat, Ser. I, I, 134-136. 138-143); Autobiografia n.'98 (p. Lettera del Laynez 148 ; Polancus c. 9 (p. 67-69) ; Rodericius 502-507 ; Epi-stolae P. Paschi. Broèti 385, n. 1. La sentenza tratta (dlall’originale è stampata in Mon. Ignat. Ser. IV, I, 627-629. 3 Ignazio ai suoi fratelli a Loyola in data ili Roma 2 febbraio 1539 (-1ton. Ignat. Ser. I, I, 147).