Preparativi per il concilio. 73 avere il re dichiarato, che prima della conclusione della pace non s’interesserebbe per il concilio. Secondo le relazioni del Carpi il re faceva inoltre dipendere la sua partecipazione alla guerra contro i Turchi ed i luterani non che al concilio dall’avere prima in sue mani Milano. Ferdinando I invece nella sua risposta al breve del 18 ottobre espresse la sua grande gioia e riconoscenza al papa e la sua completa disposizione a favorire in ogni modo il concilio.1 Il principio del nuovo anno vide il papa zelantemente occupato nei preparativi per il sinodo ecumenico. Nel concistoro del 7 gennaio 1538 Paolo III nominò a tale scopo una commissione di nove cardinali ; erano i cardinali vescovi Cupis e Campegio, i cardinali preti Ghinucci, Simonetta, Contarmi, Ca-rafa e Sadoleto, i cardinali diaconi Cesarini e Pole, vale a dire i membri del Sacro Collegio più eminenti e più favorevoli alla riforma.2 Il cardinale Ercole Gonzaga scrisse allora al Contarmi di non poter credere che i principi si opporrebbero più a lungo al concilio ecumenico. Le speranze e aspettative del Gonzaga andavano sì avanti da pensare che fuor di dubbio accorrerebbe tale fiumana di partecipanti, che le mura di Vicenza non basterebbero.8 La commissione cardinalizia formata nel gennaio si mise tosto al lavoro. Era da rispondersi a una folla di questioni. Chi doveva tenere la presidenza al concilio, il papa o i suoi legati? Chi avrebbe diritto di voto? Come si sarebbe dovuto votare? Quali dotti dovevano invitarsi? Converrebbe egli mettere ancora in discussione punti di dottrina già decisi ? Questione sommamente importante era quella se s’avesse da tentare ancora una conciliazione coi protestanti o contentarsi d’una condanna autoritativa delle loro dottrine. Oltre lins l’8 febbraio 1538; ¡Ferreri al Cardinal Farnese ida Moulins il 13 febbraio 1538 presso Ehses IV, 148 s. ; cfr. Ehses, Franz I. und die Konzils-frage 316 s. 1 Re Ferdinando a papa Paolo III da Ki-ems il 15 dicembre 1537 presso Ehses IV, 142. Ofr. la relazione del IMorone ;a Ricalcati del 15 dicembre 1537 in Nuntiaturberwhte II, 241 s. ili Morone aveva già prima ripetutamente fatto osservare, che, dato l’umore in Germania, il concilio dovesse aprirsi qualunque si fossero le circostanze siccome l’unico mezzo jper impedire il minacciante concilio nazionale (a Ricalcati il ,12 ottobre 1537 in Vuntiaturberichte II, 221 ; SI 22 ottobre 1537 ibtid. 229 s.). 'Alla prima notizia della proroga dal 1° novembre al 1“ maggio '1538 egli, sempre dallo stesso punto di vista, aveva espresso il suo grande dispiacere per quel provvedimento (a Ricalcati il 30 ottobre 1537, ibid. 234 s.). Agli Ili Idi febbraio 1538 il Morone riscrisse (ibid. 252 s.) che ora il concilio doveva aprirsi assolutamente al termine fissato, se si voleva che il papa non perdesse tutto il credito presso i cattolici di Germania, i quali con grande desiderio da tanto tempo non ne vedevano l’ora. L’imperatore però (così riferisce più tardi ¡Morone a Farnese il 6 marzo 1538, ibid. 257) avere espresso il suo (malcontento per la suaccennata risposta di re Ferdinando al papa, esprimente incondizionata disposizione favorevole. 2 Ehses IV, 142. Ofr. Morsomi* 33 s. ; Kobte 13. 3 V. la sua lettera in Quellen u. Farschungen II, 183.