646 Paolo III. 1534-1549. Capitolo 14 a. l’ultimo delitto dimostrava ciò essere senza speranza, riconoscere il papa la necessità di «usare il cauterio)) e di dichiarare decaduto dal regno Enrico, che da più di due anni viveva nella scomunica ed era un eretico, scismatico, adultero notorio, pubblico assassino, ladro sacrilego, ribelle e per molti titoli reo di lesa maestà.1 In questa intenzione il papa venne confermato dalla notizia giunta alla fine di luglio dell’esecuzione di Tommaso Moro.2 Un mese dopo s’avea una bolla solenne, in cui Paolo III, enumeratine i delitti, anzitutto prega in modo commovente Enrico a ravvedersi entro tre mesi; nel caso di rifiuto il papa come supremo giudice dei fedeli gli applicherà le pene aggravate, che secondo il giure allora in vigore colpivano i perseveranti ostinatamente nella scomunica: in conformità con ciò egli sarà dichiarato decaduto dal trono, andrà comminato l’interdetto sul suo territorio, i sudditi saranno sciolti dal giuramento di fedeltà e chiamati alla guerra contro il ribelle : le nazioni straniere avranno da evitare qualunque commercio coi seguaci1 dello scisma e otterranno il diritto d’impadronirsi delle loro persone e beni.3 La mera minaccia di queste pene fece tale impressione nei Paesi Bassi, che il commercio inglese ne soffrì gravi danni.4 Gli è quindi verosimile, che, qualora Carlo V e Francesco I avessero provveduto a mettere in esecuzione la bolla, Enrico VIII mediante una sollevazione dei suoi sudditi malcontenti5 sarebbe stato costretto a desistere dalla sua impresa scismatica. Ma ben presto invece si vide andare perdendosi nel vuoto il grido d’aiuto del papa. Francesco I manifestò la maggiore indignazione per i fatti sanguinosi di Enrico Vili, ma dichiarò che doveva agire in primo luogo l’imperatore siccome il più prossimamente interessato. Carlo V al contrario credette di non potere intraprendere nulla fìntanto che non fosse sicuro da un attacco della Francia.6 Paolo III avrebbe volentieri proceduto subito risolutamente,1 ma l’atteggiamento sia dei francesi sia degli imperiali lo costrinse 1 Vedi Raynald 1535, n. 10-13; cfr. Nuntiaturberichte I. 463s., 466s.: Lett. and Pap. Vili, n. 1144; * lettere del cafdinale E. Gonzaga in data 31 luglio 1535 (Archivio Gonzaga in Mantova) e di F. Peregrino del 28 e 31 luglio 1535 (ibid.). 2 V. Lett. d. princ. I, 134 s. ; Nuntia turberichte 1, 466. s Bull. VI, 195 s. (presso Raynald 1535, n. 18 con data falsa); cfr. Her-cenröther, Kirche imd Staat 673 s. ; Zeitsehr. für kathol. Thcol. 1895, 609 s. 4 V. Nuntiaturberichte I, 519 s.. 524. s Cfr. in proposito Lett. and Pop. IX, xv. 6 Ofr. Lett. and■ Pap. IX, xiv. Sull’indignazione di Francesco I v. la »lettera di F. Peregrino del 28 luglio 1535. ArchiY|io Gonzaga in Mantova. 7 V. il * breve al Comes Kildariae in HibervAa del 31 agosto 1535 (Min. brev. Arm. JfO, t. 52, n. 10. Archivio segreto pontificio); cfr. la * relazione di Sanchez del 20 agosto 1535. Archivio domestico, di Corte e di Stato in Vienna.