Il carnevale del 1545. 233 ma, come notifica un inviato, alquanto mutata.1 Si ebbe pertanto scrupolo ad eseguire con tutte le sue indecenze quella commedia, che imitava una delle creazioni di Plauto. Nelle feste di carnevale del 1545 apparve ben chiaro come, non ostante certi riguardi, si sostennero pertinacemente le antiche tendenze del rinascimento. Il 31 gennaio l’inviato senese annunciava espressamente, che questa volta non si rappresentava come fino allora una pompa trionfale esclusivamente antica, ma, con allusione alla situazione contemporanea, la vittoria sugli eretici e sud Turchi, il trionfo della fede cristiana e della Sede Apostolica.2 Ciononostante anche ora fu lasciato largo campo anche a reminiscenze antiche. Al corteo, che mosse dal Campidoglio verso Piazza Navona il giovedì grasso 12 febbraio 1545, presero parte 13 carri accompagnati dalle corporazioni e preparati dai singoli rioni della città. Nel primo carro era rappresentato Androclo, cioè Paolo III, che al leone, cioè agli eretici, leva la spina dal piede. L’iscrizione diceva, che sarebbero graziati gli umili e vinti i superbi. Nel secondo carro vedevasi una Fortuna in argento sulla sua ruota dorata ; nel terzo l’assedio di Costantinopoli da parte dell’imperatore Teodosiio colla scritta: «se il Signore non custodisce la città, invano vigila la scolta». Il quarto carro mostrava un drago d’oro custodíente il giardino delle Esperidi, il quinto la dea Cibele con in mano la pigna, che dovea simboleggiare Roma : all’esterno era dipinta la storia di Troia. Il sesto carro trionfale con sette figure disputanti e il settimo con un cervo dorato che strozza una serpe d’argento, rife-rivamsi essa pure, conforme alle iscrizioni, agli eretici. I tre carri seguenti (gli Arimaspi da un solo occhio, che vincono il grifone, Eraclio vincitore di Sidrodo, lotta fra tre turchi, e tre cristiani) contenevano come di duodecimo (l’imperatore Traiano che umilia i barbari) allusioni alla vittoria sui Turchi. L’undecimo, in cui era 1 Gir. Solmi, Contarmi 25s., 28 s. Etanno al proposito anche le seguenti lettere dirette al cardini! le Farnese: 1) di Flrancesco Casate. Ito ni,«1 14 feb- ’'ralib 1541 : * « La slg.ra VlttoA in compagnia dii altre bellissime donne hè stata vista ¡per Roma su un ca retto dorato trfiìaìto dia 4 cavalli bianchi ». Lotte ’li tori e cavaloate interessant il Romano. 2) di Belrn. Maffei, Roma 15 febbraio 1541 : * « Il sig. prefetto fa il debito con le mascare senza molta sipesa... Le cose de la comedia passano benissimo ». Sii dice che vi comparirà il mp (Archivio di Stato in Parma). Nel 1543 Paolo III assistette a Ferrara alla rappresentaziilone ‘dell’Adelphi di Terenzio (Rettmont III 2, 6S>1). K<1 anche a Castel S. Angelo egli fece eseguire una volta una commedia (vedi Kertolotti, Speserie 199). Sul favore dato iati taaitro dal Cardinal Falmese t. anche Flechsig, Die Dekoration der modernen Bühne, Driegtlten 1894, 72 s. 2 * « Si attende a la festa e si farà con effetto bellissimo, in la quallie non « rappresemtarà un trionfo lanticho come ii(n l’altre si soleva fare, ma ogni carro liarà una ffinventione secondo .l’insegna e nome fiel suo rione tirato al senso loro ¡dermi miracoli, già visti con accennare la desfcructione di herietici et infedeli 1 ¡a exaltatione de la fede da Christo et de la Sede Apostolica». Archivi» (1 i Stato in Siena.