341 siero suo faceva ritorno alla patria natia, anticipando con irresistibile passione il momento di realizzare il dolce sogno. Non lo toccava lo scrupolo di rivolgere armi straniere contro la sua terra. Il bisogno di spezzare le catene dell’ esilio era più prepotente. E non arretrò dal proposito di valersi del favore, del debito di riconoscenza, degli obblighi contratti verso di lui dagli uomini, a vantaggio dei quali aveva combattuto, per violare e infrangere con la forza 1’ amaro bando, che lo costringeva a grama vita in terra di altri (1). Fiducioso nella compiacente simpatia del re italico, e, forse, nel suo tacito e occulto aiuto, scelse Ravenna a teatro delle sue gesta, per tentare il riscatto con manovra di sorpresa. La cronaca registra un agguato clamoroso, ordito alle bocche del Primaro con il sussidio di navi ravennati ai danni di un convoglio mercantile diretto a Fano (2). Forse non fu il solo, o forse fu preludio a maggior impresa, scongiurata da imprevisto precipitare di eventi, che in un attimo capovolse l’equilibrio interno dello stato lagunare e troncò il corso di ima crisi dolorosa. 4. — La morte di Pietro III Candiano, eliminando uno dei principali attori del dramma, semplificò la situazione (3). Nella triste venti, qui eum devote suscipiens, patri Berengario regi presentava ; a quo simi-liler eum, honore susceptus, ut secum ad Spolelensem seu Camerini marchiam debellandam properaret, invitatus est. (1) Iohan. Dlac., Chronicon cit., p. 137 : quirediens, acceptaa reqe licentia de Veneticis vindicandi, Ravennam aditi. (2) Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 137 : ubi cuiusdam relatione didicit septem Veneticorum naves in porto, qui vocatur Primarius, fore, quae negotiis honerate Fanensem urbem proficisci disposuerant. tum sex Ravennatum navibus adeptis, cantra easdem hosttitier irruene, eas absque obstaculo comprehendit, sicque Ravennam reversus est. (3) La triste vicenda si svolse nel corso di pochi mesi, nel 959, se Pietro III mori post I il ii quidem eiectionem (ed è la lezione migliore) non plus quam d u oh us mensibus et quattuordecim diebus (Iohan. Diac., Chronicon cit., p. 137). Egli nel 960 era certamente morto (Cfr. il decreto del giugno 960, in Fontes rer. austr., Acta et dipi., XII, 17 sgg., n. 13, ma secondo la lezione offerta dal Monticolo, in Iohan. Diac., Chron. cit., p. 137 sgg., n. 2), ed è altrettanto certo che nel 959 il figlio ritornava acclamato in patria (Iohan. Dlac., Chronicon cit., p. 138).