Pomponio Leto e l'Acca tienila roiuumi. in.ii apprendere il greco, unicamente per conservare tutta la pu-rma della sua pronuncia latina.1 '¿naie rappresentante di quell’umanesimo, che gravitava verso il ]■ anesimo, si schierarono ben presto attorno a Pomponio un '-••rt numera di giovani, spiriti liberi dalle ideo e dai costumi mr/ i pagani, i quali cercavano un compenso alla fede perduta m mi vano culto dell’antichità. Con ardente entusiasmo i disce-l«'li i colleghi di Pomponio «’immergevano nel passato dell’an-tira Iionia, nella cui grandezza vivevano e si movevano. Kssi data* vari i loro scritti non più secondo il calendario cristiano, ma ila a fondazione «li Roma »> (ab urbe condita) e festeggiavano il -i<> io natalizio di Roma (21 aprile) proprio all’usanza antica. I singoli soci dell’accademia si consideravano come una fratel-lan i; deponevano i loro nomi e assumevano in quella vece nomi *11' hi. Di Pomponio, nel quale tutti veneravano il duce e il ma. tro, non si sa nemmeno come originariamente si chiamasse; l'/ i altri soci i più noti sono Bartolomeo Platina e Filippo Bollai .»rsi, che pollava il nome di Callimaco. Vengono inoltre ricor-,l»t Kmilo Buccabelli; Marco Romano detto Asclepjade; Marino to detto Glauco; Petreio, probabilmente Pietro Demetrio da l.n i*a; Pantagato (Giov. Battista Capranica); Paolo Marso (Pao- lo ¡a Pescinai;.Agostino Campano ed altri.2 Si può concedere che quest’uso di nomi pagani non fosse al-,r" he un gioco; esso trova infatti un riscontro nella moda allora F,r' aleute d’imporre nel battesimo nomi antichi, anche se di cat* •i' i fama. Altre cose però, di cui si occupavano pii accademici, 'w»m possono tuttavia intendersi allo stesi«» modo. I>a fantastica “ m ravajianza dei seguaci del vecchio pagano di Calabria » giunse » riprodurre usi religiosi, che sembravano una parodia del culto rr'xtiano. Gli iniziati consideravano la loro dotta società « come vero collegio sacerdotale alla foggia antica, con alla testa un l*'ntetice massimo, alla quale dignità fu elevato Pomponio Leto». I xeutimenti <• i costumi di questi « discepoli panteisti dell’un ti-rhità » erano senza dubbio più padani che cristiani.3 Raffaele Vo* llmnciin.yA.xs U>1. Nolhm. Bill, dr F. Ortini 19?» a. ! l'u'raroun 513. II, 4M. Nolua«' in il il. d'Arck. VI. 140 ». *•' >"«wo in ArrA. d. Sor. Hom. XII. 215 n. In. Romu In BmUei. d. arrh. rrUI. SI j, Patctta in HuUrl. HcncMr VI (ITO), 158 ». Intorno all'uito onmnne -Tllt.iri il»*l w. XV <11 cambiare il |>r»>t>rio nuar. v«l| M mr< iivjjj I. -. si*i. * Vedi SrHHAtw« 2fi e Rrt-jiojrr III 1. 342: Cisti I. 187: Volo* HI. «11. '•“wUBMr« VII* Ttiìx «-rive: «l»i iibw crixtlane fra «li arradrtnM non troni-','1 tran-la I >i«firraavano I le»a. pol-«»riraiio latti dalia Muoia del Valla e dei Potorio». In «m altro luogo egli -.•»ma l'arra demia »»a loggia mattrmisv rlattint. Salta »crwtiiina tenui di pa-,*TT^>I arvailemiei v. muto t.nmniim Urr». d. Hoc. Hom. XII. 211 «.» lui. e f"* a torto, fatto rolibiexione. rhe «i«*i rolnto I r> »14 * ’ lU^lurn* dal litoio /•«#i-