Le idee che stanno a fondamento desili affreschi della Sistina. 071 Osservando ancora una volta l’ornamentazione pittorica della Sistina, di questo santuario principale del primo rinascimento italiano, bisogna confessare, che difficilmente si sarebbe potuto avere una scelta di soggetti più giudiziosa e conveniente per gli affreschi precisamente della cappella pontificia. Fini allusioni storiche, che glorificano i fatti principali del pontificato di Sisto IV, le sollecitudini del papa per Roma, la difesa contro i nemici esterni, i Turchi, la vittoria sul ribelle interno Zamometic, danno vita al tutto: questi fatti non costituiscono tuttavia l’essenziale. Per una piena intelligenza è assolutamente necessario prescindere dalla concezione puramente storica di alcune scene e penetrare a dentro nelle idee teologiche che stanno a base del tutto.1 prannoininato Ingegno, che U Vasari designa come un aiutante del maestro) e Luca SignorelU. Sulla composizione dell’affresco cfr. anche Schmaissow, Rafjacl und Pinturicchio in Siena (Stuttgart 1880) 23. ' Fin dal 1889 insila prima edizione della presente opera ho notato che nelle rappresentazioni tipologiche della Sistina Mosè e Cristo appariscono quali tipi del rappresentante di Cristo sulla terra. Il Dr. J. Saueb ha trascurata ciò nel suo pregevole lavoro citato sopra a p. 604, n. 2, in cui egli fa a buon diritto risaltare quel fatto contro lo Steinmann. Se il lavoro del Saueb sotto questo riguardo non mi offrì nuUa di nuovo, gli sono tuttavia grato per l'accenno alla parte che nel nostro cido di affreschi viene riservata alla triplice autorità del papa. Da me per il primo è stata tentata la prova della attuazione ili questo pensiero in tutti gli affreschi della Sistina e della connessione di tutti i quadri. A giustificare la mia interpretazione del secondo e terzo paio di affreschi, che si allontana dal Dr. Steinmann, lo scopritore della via in queste cose, "(I anche dal Saueb, valga quanto segue. Lo Steinmann (244 s.) vede nella purificazione del lebbroso una glorificazione della dottrina teologica del papa con allusione alla parte da lui presa nella questione intorno al Sangue di Cristo. Quanto in contrario osserva il Saueb è assolutamente giusto, ma io non posso convenire con quest’ultimo dotto, allorché in Mosè nel deserto e nelle tentazioni di Cristo collegate con la cerimonia della lustrazione egli vede simboleggiato il «sacramentale ecclesiastico del digiuno». Hii.gebs (v. sopra p. OTx n. 2) molto giustamente osserva, che in tutta la vita di Cristo non si dà alcun simbolismo del sacramento della penitenza più appropriato che la purificazione del lebbroso con la susseguente cerimonia del giudizio del sacerdote e dell’offerta del sacrificio. E nemmeno posso aderire all'opinione del Saueb circa il terzo paio di affreschi. Il medesimo autore scrive in proi*>sito: « Se si osserva 'iuel passaggio (attraverso il Mar Rosso) partendo daU’idea che il {»polo giudaico fu condotto da Dio neUa terra facendolo passare per il mare, che i suoi avversarli, i tipi degU eretici e dei nemici della Chiesa, furono annientati nei sorghi del mare e che esso doveva essere ormai il popolo eletto, allora senza alcuno sforzo ne emergeva un parallelo con i fatti del Nuovo Testamento, che il Signore cioè chiama Pietro e Andrea dal mare in terra ferma indicando loro una nuova meta e un compito del tutto nuovo nella vita ». Questa spiegazione apparisce però troppo artificiosa e ricercata. Se invece, come è stato proposto qui sopra nel testo, si prende il passaggio del Mar Rosso come tij>o del battesimo e della penitenza, allora si conserva la coordinazione e l’idea fondamentale ed anche il quadro di riscontro si spiega naturalmente. Questa spiegazione ha finalmente il vantaggio di eliminare il difetto di piena corrispondenza tipologica tra la rovina di Faraone e la vocazione dei discepoli la-