I-ibro II. Capitolo 2. Paolo II. 1161-1471. crani tenuto nascosto in Roma e che poi era fuggito scgretament in Apuli«.1 Oltre al Platina furono presto rinchiusi in Castel 8. Angelo sottoposti alla tortura anche altri, che erano stati in relazione co gli accademici. « Ogni notte vien catturato qualcuno, — scriva il 28 febbraio l’inviato milanese Giovanni Hlanchus ed o^-giorni» ni conosce meglio questa faccenda, la quale non è un sopii' come credeva il cardinale Ammanati, ma una realtà. Il disegn sarebbe stato effettuato se il Signore Iddio non avesse protetto pontefice ».2 E’ del massimo interesse conoscere innanzi tutto come abbi > concepito tutto quest’affare lo stesso Paolo II. Finora a qm*t • proposito si era aflidati alla relazione invero insudiciente del > biografo < 'anensius. (juesti racconta che il papa aveva procedili contro lo scellerato partito «li alcuni giovani romani di sfrontati corrotti costumi per dare un esempio da incutere, spavento. I su nominati avrebbero asserito, che la fede cristiana fondava»! pi sugli artitizi di alcuni santi che sopra testimonianze vere di fatt Che a ciascuno era |n»i lecito abbandonarsi ad ogni voluttà a! maniera dei cinici. « (¿ucsta gente — prosegue a din* il < ’anensius dispregiavano a tal segno la nostra religione da ritenere cosa tropi disonorevole il venir chiamato col nome di un santo, e cercavai perciò ili fare scomparire i loro nomi di battesimo col sostituirvi « nome pagano. Il capo di questa setta, che qui non voglio nominar», era un maestro di grammatica, a tutti noto in Itoina, il quale |» il primo cambiò in tal maniera il proprio nome, poi anche quelli dei suoi amici e discepoli. A lui aderiva della gente assai audace tali il romano Marco, detto Aselepiade, il veneziano Marino, dett" Glauco, un certo Pietro, che essi chiamavano Petreio, e un cert* toscano di nome Damiano che appellavano <’allunaci). ijnesti avvali fatto una lega j>er uccidere il papa )).a Se questa narrazione presenta già il fatto anche dal lato della « vigilanza sulla fede e la monile », che incombe al pontefice, 1* cosa si fa ancor più chiara nelle riduzioni degli ambasciatori uii 1 Zuwnmi. ¡152. Quando fu WHirrta la enngiura l*oni|>onlo l^lo liof»**" a Venezia. * Arri), il. Sm\ Kitrn. VII. X>7. Il I'Mtl.\« (781) clic ne furono <*: turati cimi venti. Il che dovrebbe esser vero. Tnunoscnt (VI 1. 315) sull*1* ohe aiiclie Giorgio di TtvbiHooda awartenewe ai compagui dì sventura l'iatina. Ofr. Ihéd. I. l+i e Ctuuuri. App. 11» su Vlanealo Albergati. ci»' •* illnii l’ap|>licazloue della tortura. * CA.-iKSsn a 7S-71». Voiot (IP. 289) fa owervare. che questo raccorci-' * tanto più imitarxiale. In quanto ciie non sosivtta la gravita deU’accaduto. Tati questo e anche le relaxioni da me date di recente a^ia luce sono »tate tw»l* tinnenti' ignorate dal Petci nel »no articolo in lift.