158 Libro I. Leone X. 1513-1521. Capitolo 5. lerabile dalle annate annientate e maggiormente estese per giunta, dalle tasse per le confermazioni e numerose aspettative o riser-vazioni. Si viola il concordato, s’invadono i diritti di patronato, beneficii alti e bassi vengono dati a stranieri. Tutto questo non soltanto ha suscitato diffidenza nei sudditi, ma benanco sì grande malumore da sembrare escluso un ulteriore aggravamento.1 In questi rimbrotti si riconosce l’eco d’una disposizione d’animo violentemente anticuriale, che con grande forza s’era impossessata non solo degli umanisti germanici, ma eziandio del popolo tedesco in larga sfera. ! Generali erano i lamenti intorno alla non osservanza del concordato, alla gravezza delle annate, alla spietatezza delle regole della cancelleria romana, all’attività favorita da Roma dei cacciatori di beneficii. Quanto più s’era persuasi di essere oppressi appunto sotto l’aspetto finanziario, tanto più generalmente s’era mal disposti contro qualsiasi prestazione di danaro. In ciò il clero era una cosa sola coi laici. 3 Questa disposizione fu acuita anche da odiosi opuscoli, i cui autori celavansi sotto l’anonimo. Uno di essi dichiarava addirittura che il vero Turco era in Italia e che questo cerbero non poteva venire ammansato se non con torrenti d’oro. « Dalla sua propria signoria », così in questo « velenoso libello »4 pieno di violentissime invettive contro Eoma, « affluiscono al papa entrate come a nessun principe cristiano e tuttavia noi compriamo palli e mandiamo a Roma asini carichi d’oro, promettiamo doni, scambiamo oro con piombo e ci lasciamo fare ovunque salassi, volevo dire indulgenze.5 Infelice enorme avarizia mai sazia ! La marioleria dei Fiorentini inventa mille astuzie e quotidianamente ne vengono escogitate di più esecrabili ». « Ricordatevi della libertà tedesca », così si conclude, « e non dovrete più tributi e non pagherete più decime ».8 Con violenza ancor maggiore s’esprime un memoriale probabilmente di Giovanni di Vlatten, presentato agli Stati in nome del clero leodiense. Dal giudizio dell’inviato di Francoforte alla Dieta conosciamo l’impressione che fece, che cioè in questa protesta « con bel latino si narra con un’avidità mai prima vista di molte e varie 1 Con Janssen', ReichkorresponiUnz II, 978 s., cfr. Theiner, Mon. Pol. Il, 390 s. * Intorno ai paesi ereditari austriaci cfr. Volte lini 66 s. s Cfr. per es. Mat, Albrecht II, 1, 159 per ciò che spetta al capitolo cattedrale della prima chiesa tedesca. * Così caratterizza ed egregiamente questo libello il Volt e li ni 66. 6 In tedesco vi ha un giuoco di parole assonanti (Aderlässe e Ablässe). 6 Oratio dissuasoria (appo K\ aake, Jahrbücher 1, 254 s. ed in Hcttent Opera ed. Boecking V, 168 s.), già attribuita, ma a torto, a Hutten (v. Ranke, Deutsche Geschichte I*, 219 e StraüSS, Hut te u. I, 309 s.): finora non se n’è sta- bilito con sicurezza l’autore (cfr. Waltz nella Histor. Zeitschrift XLI, 234 s. e CrEBHARPT 95 S.).