Questioni tra i vescovi e i regolari. 535 La bolla appare minuziosa, ma non era sufficiente nel senso della profondità. Sotto molti aspetti si fu contenti di mezze misure e peggio fu poi, che la maggior parte delle decisioni rimase sulla carta invece di venir tradotta nei fatti. Nello stesso concilio poterono notarsi dei sintomi, i quali dovevano abbassare le ali alla speranza di un fondamentale rinnovamento della disciplina ecclesiastica. Per tutto il tempo l’attenzione dei padri fu preoccupata dalla scandalosa discordia tra i vescovi e i regolari, sventuratissima discordia già vecchia di secoli che indebolì e danneggiò in sommo grado la Chiesa, ma le cui onde mai erano salite sì alto come ora. L’episcopato raccolse tutte le sue forze per far finalmente cadere i privilegi che ad ogni momento gli tagliavano il passo, specialmente il Mare Magnnm 1 e, malgrado l’estrema loro resistenza, gli Ordini furono sul punto di soccombere, la qual cosa avrebbe tratto con sè incalcolabili conseguenze. « Ci ha assaliti » narra il generale degli Agostiniani Egidio Canisio, «una terribile tempesta. L’impeto dei vescovi al' concilio Lateranense contro di noi e tutti i Mendicanti infuria già da tre anni e in questo triennio non ci fu concessa quiete o armistizio : ogni giorno eravamo citati, invitati a dar ragione, ogni giorno chiamati parte per ascoltare i nostri awersarii, parte per difendere la nostra causa. E dovevamo recarci ora dal Santo Padre, ora dal Cardinal protettore, ora da altri cardinali, ora dagli ambasciatori dei principi e chiedere consiglio, aiuto, protezione ora da questo, ora da quello ». * Lo stesso Leone X non volle, come il suo predecessore, gettare nella bilancia l’autorità apostolica, che al monachiSmo solamente poteva imporre ancora del riserbo, in tale misura che ne venisse impedito il libero svolgimento delle cose, atteggiamento questo, che Egidio attribuisce unicamente alla mitezza e mansuetudine del papa. Come nella lotta dei vescovi coi cardinali, la politica di Leone consistette in prudente interposizione tra i partiti, coi quali amò sempre di trattare a parte a parte. Quanto al diritto di promulgare l’indulgenza per S. Pietro, di cui abusavano i Minoriti, egli approvò un compromesso coi vescovi.3 Che se alla fine del concilio concesse ai monaci che non dovessero più toccarsi i due punti più scabrosi, l’esenzione e l’immunità dalle tasse, pure fino al termine egli persistette nel La massima, che essi dovessero cedere in altre cose. Non in ultimo luogo va dovuto a questa attitudine superiore ai partiti se il risultato pratico della lotta fu il serio pro- 1 V. il nostro voi. IP, libro III, 11, subito in principio. * Maktène-Durand III, 1262. Cfr. IIefele-Hergenrother Vili, 692 s. Vedi anche lo scritto del Pélissier, De opere Aegid. Vit. 43, citata sopra a pag. 445, n. 1. 3 Cfr. Hefele-Hergexrother Vili, 622 s., 637 s.