284 Libro I. Leone X. 1513-1521. Capitolo 8. In complesso egli ha condotto con ammirabile perseveranza, zelo ardente, grande prudenza ed abilità la lotta contro i novatori religiosi. Il suo zelo contro costoro fu grande quanto mai possa pensarsi ed in esso quell’uomo di fine cultura non disdegnò neanche le più gravi parole offensive, cosa la quale rimane ad ogni modo da deplorarsi sevèramente anche se egli fu vivamente provocato dai nemici. Sotto questo riguardo egli pagò il tributo all’età sua alla stessa guisa che senza scrupolo si permise corruzioni. Di temperamento facilmente eccitabile e violento l’Aleandro più volte s’è sbagliato nel giudicare la situazione. Il suo massimo errore fu certo quello che, da figlio genuino dell’età del rinascimento, egli troppo spesso fece risalire a motivi meschini o materiali la larga e forte parte presa a favore di Lutero. In conseguenza di ciò egli troppo confidò di mettere un argine al movimento mediante grazie e denaro. Quindi fu instancabile nel formare progetti come potesse guadagnarsi e accontentarsi questi e quegli. Difficilmente gli si può rimproverare che non s’adempissero le speranze da lui collocate nell’editto di Worms. Nessuno allora poteva prevedere lo svolgimento che sarebbe seguito. Non solo l’Aleandro, ma tutti i contemporanei videro nell’applicazione di mezzi violenti il mezzo migliore per ristabilire le condizioni gravemente scosse. Ma per quanto confidasse sull’efficacia dei mezzi violenti e materiali, all’occhio acuto dell’Aleandro non sfuggi l’importanza delle armi dello spirito. Egregiamente dalla lettera che in data 5 aprile 1521 diresse al Cardinal Medici risulta a che cosa mirasse sotto questo rispetto. Yi si legge : « io dico proprio in faccia ai nostri poeti e retori che sono in Roma, tutto il cui da fare è limare per dei mesi due versetti e calunniarsi a vicenda per una miserabile parola, che vadano d’accordo e unanimi difendano nei loro scritti la nostra fede; colle loro cognizioni e abilità compirebbero cose buone e ridurrebbero al silenzio più di sette di questi strilloni, i quali solo per le loro arti di scrittori e poeti si sono messi presso il volgo in tanta autorità come se avessero del tutto calpestata la genuina teologia. Nè si pensi di fare impressione su essi colla scomunica, della quale unicamente si ridono ; qui occorre mettere un cuneo sull’altro e vincere questa gente colle sue proprie armi. Il papa, interessandosene vostra magnificenza, con dimostrazioni di favori e ricompense potrebbe quindi incoraggiare alcuni egregi talenti a diligente studio della Bibbia, che poi seguendo l’esempio dei Tedeschi metterebbero in moto la loro penna, ma a difesa della fede, al qual fine Dio presterà loro il suo aiuto. A confutare questi furfanti ora ci sono meno necessarii i grandi dottori di teologia, dei quali essi non vogliono sapere, come ben si vede — con che non voglio dire che i loro nemici debbano essere sprovvisti d’ogni cognizione della Sacra Scrittura, — ma molto di-