Introduzione. le condizioni di allora e specialmente il decadimento politico che ben presto doveva condurre quel magnifico paese in rovina. Precisamente nella seconda metà del secolo decimoquinto all’occhio attento dell’osservatore si presenta un guasto spaventoso delle condizioni politiche d’Italia. La politica diventò sempre più un sistema di perfidia e di tradimento, per cui il tener fede ai trattati sembrava un’ingenua stoltezza: erano continuamente a temersi inganni e soverchierie mentre il sospetto e la diffidenza avvelenavano le relazioni dei principi e delle potenze. Con cinismo superlativo il Machiavelli ha raccomandato quest’arte di governare gli stati, questa politica di prepotenza senza riguardi, la quale, quas^ non esistesse alcuna giustizia punitiva, calpestava in modo brutale il giusto e l’onesto e riguardava come lecito ogni mezzo, purché conducesse al fine desiderato.1 I grandi di quel tempo, Francesco e Lodovico Sforza, Lorenzo de’ Medici, Alessandro VI e Cesare Borja, come pure Ferrante di Napoli erano seguaci di questo rovinoso sistema. - Nelle continue guerre svolgevano il disordine del loro essere i duci di bande mercenarie, i cosiddetti condottieri. Non già spinti da entusiasmo per l’onore e il diritto, per la famiglia ed il principe entravano in campo, eserciti nazionali, ma soldati venali si battevano per una mercede ben cali colata, pronti oggi a prestare servizio all’avversario di ieri. \ai bande mercenarie divennero una vera piaga del paese. La campagna era continuamente minacciata da saccheggi e devastazioni. Nella vita privata spesso non v’era sicurezza e regnava l’arbitrio, le quali cose nella procedura giudiziaria degeneravano poi nel più in. lima no rigore. In molti Stati i cittadini erano gravemente premuti dalle alte gabelle. Molti di questi malanni politici e socialìi erano del resto comuni anche agli altri Stati europei ; in nessun luogo però essi erano stati eretti a sistema, in nessun luogo gli antichi diritti e le franchigie popolari erano state così completamente conculcate come in Italia.3 Non fa quindi meraviglia che nessuno sapesse opporre una re-sistqnza alla procella che ebbe principio con l’irruzione dei Francesi sotto Carlo VIII. Per lunghi anni il primo paese civile d’Europa diventò ora il teatro di guerre sanguinosissime, il premio per il quale la Francia e la Spagna, diventate intanto monarchie unitarie moderne e salite al grado di grandi potenze, si batterono 1 Vedi Hipi.er, Qeaehiehts- I uffasaung 72. * (lfr. II. Hepiìu; Alfonso I. unii Ferrante I. ron Xeapel j.ii ss. ■ lieti mont. Curala I. 2:5: cfr. Kcrckharot, Cultur I3, 85 s. ; PòiH.maxn 17, 140 «• tiist -1. ¡Symondìs. Jti iiaix*iihcc 121-127 ; Monnikr. Quattrocento I. 2."« ss. ; ‘Saitschh'k 131 ss. ; Sembrai;. Condottieri, Jena 1900. W. Block (Die Condottieri, Studiai iibcr die xoy. « nubi ut ¡yen Schlackten », Berlin 1914), dimostra che è errata l'idea a lungo tenuta elle le battaglie dei condottieri si svolgessero iter lo più senza jterdite.