Libro III. Giulio II. 1503-1513. Capitolo 7. quasi difesa una città.1 Quanto Giulio II aveva da anni cercato di ottenere con tutte le sue forze, fu ora improvvisamente raggiunto quasi per miracolo : come tale il più grande pittore dì tutti i tempi potè eternare questo cambiamento delle cose con un affresco in Vaticano.3 Erasi al 22 di giugno quando ,per mezzo di una lettera del cardinale Schiner, Giulio II ricevette da Pavia notizia precisa circa la cacciata dei Francesi.3 Prima lesse da sè in silenzio la lunga lettera, poi raggiante di gioia disse al maestro delle cerimonie: « Abbiamo vinto, Paride, abbiamo vinto ». — « Possa ciò tornare a vantaggio di Vostra Santità » — soggiunse questi. « E di tutti i suoi ¡fidi » — replicò vivacemente il papa — « essendo piaciuto finalmente al Signore di affrancarli dal giogo dei barbari ». Poi spiegata un’altra volta la lettera, la lesse da capo a fondo a tutti gli astanti. Quindi manifestò subito l’idea di recarsi il giorno appresso nella sua antica Chiesa titolare di S. Pietro in Vincoli per quivi rendere grazie a Dio. Sebbene infermiccio il 23 giugno si fece portare nella detta chiesa, dove innanzi all’altare che custodiva le catene di Pietro, fu visto da quelli che l’accompagnavano recitare molto più a lungo del solito e tutto in sè raccolto preghiere di ringraziamento. Come eransi infatti cambiate miracolosamente le cose! Ora ile catene di S. Pietro erano realmente spezzate. La ferma fiducia nell’aiuto di Dio, che elsprimevasi nella divisa di Giulio II (Dominus mihi ndiutor, non timebo quid faciat mihi homo), * era stata magnificamente giustificata e ricompensata. I poeti celebrarono il pontefice siccome il liberatore d’Italia.5 Anche nell’arido e pedantesco diario del maestro delle cerimonie Paride de Grassis si esce in parole d’entusiasmo per l’umiliazione dei « sacrileghi » Francesi.6 Paride de Grassis attesta anche che Giulio II si mostrò nella fortuna altrettanto umile quanto s’era dimostrato forte nell’avversità. Si voleva, così racconta egli, fare più in alto il trono per rendere lui più visibile al popolo, ma Sua Santità lo vietò per essere più meschino di tutti i papi che vi ave- 1 Vettoki, ed. Beumo.nt 287. V. anche le violente espressioni di Pari- ue Grassis contro i Francesi, ed. Döllinger 420. C-fr. inoltre Gisi 02. Per gli il'" veninienti di questo tempo cfr. P. Piccolomini, Una lettera ined. dello storico Sigismondo Tizio (13 luglio 1512), in Ardi. stor. ital., 5* serie XXVIII (19011. 306-313. 2 Altri particolari sull’affresco di Raffaello v. sotto, cap. 10. s Vedi Büchi, Kard. Schiner 292, n. 2. * Panvinius 342. s Roscoe, Leo X. II, 404 s. e Paris de Grassis, ed. Dììllinoer 420.