408 Libro II. Alessandro VI. 1492-1503. Capitolo 4. getto delle loro arguzie questo tema nauseante e per di più anche i vizi contro natura non fecero che aumentare.1 Mentre Carlo Vili e i suoi soldati gozzovigliavano nei piaceri del Sud, al Nord si addensava una vera tempesta contro i «barbari stranieri». La «fortuna senza esempio» dei Francesi destò le più serie apprensioni non solo nei gabinetti degli Stati italiani, ma anche in quelli dell’estero. Il regno francese sembrava stesse per raggiungere la meta cui da lungo tempo aspirava, l’impero e la monarchia universale. Che la Spagna si opponesse a tali aspirazioni, è stato già ricordato. Anche alla Germania era imposto dalla propria conservazione di combattere la preponderanza francese in Italia.2 Massimiliano I subito dopo i primi favorevoli successi dei Francesi aveva iniziato delle pratiche con Venezia, dove molti già vedevano quali conseguenze avrebbe apportato la neutralità della repubblica. Ma ile trattative andavano troppo per le lunghe e solo l’improvvisa caduta del regno aragonese valse a spingerle avanti. Lodovico il Moro, che da lunga pezza erasi rotto completamente col re di Francia,4 comunicò l’infausta notizia airambasciiatore veneziano ed aggiunse, che non v’era più un momento da perdere. Nella città della laguna la costernazione fu così grande, che al Commines fece ricordare il contegno dei Romani dopo la battaglia di Canne. "’ Ma si riprese il sangue freddo e si misero in moto tutte le arti della diplomazia. Cominciarono pratiche segrete. Che a queste non fosse estraneo il pontefice, re Carlo lo potè arguire dalla risposta dilatoria, che il suo ambasciatore ricevette sulla fine di marzo quando richiese ad Alessandro l’investitura di Napoli. Il papa parlò apertamente in questa occasione della lega, alla quale si cercava di guadagnarlo, e mandò al doge la rosa d’oro.15 Allorché 1 Cfr. in proposito la dotta dissertazione di Luzio-Renier 419 s. citata nella nota precedente. Il poema didascalico latino di Girolamo Fkacastoho, Syphilis sive de morbo gallico, è detto dal Flamini (Cinquecento 112 s.) H poema latino didascalico più elegante ed efficace del nostro Cinquecento. 2 Janssen-Pastor I1--18, 587. Cfr. anche Kaser, Deutsche Gescli. II, ;*>s- 3 Cfr. Ulmann I, 282 ss. e di pii! le correzioni in Gutt. Gel. Anz. 1883. I, 330 s. : Segre, Lod. Sforza II, 04 ss., 98 ss., 100 ss. ; III, 308 ss. Anche al principio del 1495 Venezia osservò un equivoco riserbo ; ibid. II, 84 ss. 1 Sulla conversione del Moro a una politica antifrancese dal principio gennaio del 1495, cfr. Segre II, 33 ss., 01 ss. ; ivi p. 71 ss. la sua intesa e*111 Venezia ed a p. 78 ss. la sua comunanza, ormai, d’interessi col papa. » Commines VII, 20 (ed. Mandrot II, 222). Romani» V, 00. Delaborde 583 s. Balan V, 340 s. ¡Segre II, 40 s. Per un giudizio intorno alla politica papale cfi- anche Maury in Rev. Hist. Vili, 84. « Sanudo, Spedi:. 277. 280 s. Burchakdi. Diariiim II. 24,s s.. (Celasi» ■ 581. Malipiero 334, 338. * Breve commendatizio pel latore della rosa d oro < e 10 aprile 1495. Archivio di iStato in Firenze. Cipolla 720. Delabobiie 0SS s. Segre III. 401-402. Alessandro VI, che ben sapeva come Giuliano mira^-a deporlo (¡Sanudo 267), pensò allora un momento di fuggirsene da Roma,