Teoria errata de) Savonarola circa l’obbedienza. 465 Come prete e come religioso il Savonarola era tenuto ad obbedire al supremo capo della Chiesa in tutte quelle cose di carattere ecclesiastico che non eran peccato, qualunque fosse costui personalmente e per quanto avessero potuto influire su di lui delle ragioni politiche.1 Ciò non ostante il profeta dei Fiorentini ricusò assolutamente di obbedire a quest’ordine del suo superiore maggiore e incorse per ciò stesso nella scomunica. I motivi ch’egli adduceva a sua giustificazione, erano assai singolari. « Aderire alla nuova congregazione — così dichiarava egli nella sua Apologia della congregazione di S. Marco2 >— non dipende esclusivamente dalla mia decisione, ma anche dalla volontà di 250 frati, i quali tutti hanno scritto al papa in senso contrario ed io non posso nè voglio oppormi alla loro risoluzione, perchè mi sembra giusta ed onesta. L’unione voluta dal papa è impossibile, irragionevole, dannosa, poiché da ciò sorge un peggioramento della disciplina. I frati di S. Marco, prosegue egli a dire, non vi possono essere costretti perchè i superiori non hanno la f acoltà di comandar nulla che sia contrario alla costituzione dell’Ordine, àl'laj carità cristiana e alla salute delle nostre anime. Noi dobbiamo quindi supporre ch’essi siano tratti in inganno da false informazioni e resistere intanto a un comando che offende la carità cristiana. Non dobbiamo farci atterrire da minacce e scomuniche, ma esporci piuttosto alla morte che sottometterci a un provvedimento, che attossicherebbe e guasterebbe le nostre anime».3 Nel medesimo 1 In questo giudizio sul dovere dell’obbedienza convengono Ehses in Róm. QuartaUchr. XIII (1899),379,Beixesheim nel Katholile 1899, II, 409 ss. ed A. Rosleb in Mst.-pol. Bl. CXXV (1900), 195 s. 2 Per questo Apologeticwn Fratrum Congregationis S. Marci cfr. anche IìUcas 216 ss. ; ¡Schnitzeb, Savonarola im Strette mit seinern Orden 74 ss. 3 Schnitzeb (p. 790 ss.) cerca anche qui di difendere il Savonarola, mettendo alla pari Vordine pontificio di entrare nella congregazione toscano-romana col comando di accettare una disciplina più larga, anzi lassa. Nella susseguente serie d’articoli (ibid. OXXO [1900]) Schnitzer 421 ss. persevera nella sua opi- nione che la disobltedienza di S. non solo si possa giustificare canonicamente, ma sia anche stata un suo dovere di coscienza ed a p. 489-^01 ritorna al suo concetto, che, poiché l’entrata nella congregazione romano-toscana avrebbe si- gnificato il passaggio da una più rigida ad una più lassa osservanza della regola, il S. avrebbe in ciò veduto un'infrazione dei suoi voti e perciò la scomunica sarebbe stata invalida (500 ss.) perchè sotto minaccia della medesima era co Mandata cosa peccaminosa (il passaggio all’osservanza più lassa !). Cfr. inoltre Schxttzer, S. im Streite mit seinem Orden 77 ss. Contro Schnitzer cfr. i ragionamenti di Lttcas (220 ss.), il quale, senza contestare la Iona fide» del S. nel auo atteggiamento avverso la disposizione pontificia, malgrado Schnitzer sostiene che tale atteggiamento non pud oggettivamente difendersi. Cfr. anche il giu-dizio di e. .MichaeSl in Zeitschr. /. lcath. Theologie XXIV (1900), 180 s.. «® cosa sorprendente vedere con quanto spreco d’erudizione e insieme con quanta mancanza di rigore logico, anzi con quali evidenti contraddizioni si sia voluto difendere la disobbedienza del S. ¡Sono troppo senza fondamento dal punto di vista morale e canonico le speciose ragioni addotte a favore del -S. ». p*stor, Storia dei Papi, III. 30