926 Libro III. Giulio II. 1503-1513. Capitolo 9. perchè e’ non si crucci meco, sperando che’ el tempo s’acconci ch’io cominci presto a lavorare; che Dio il voglia!».1 Peggio delle difficoltà qui accennate fu il fatto, che nel frattempo le cure del papa si distolsero dal monumento per rivolgersi sempre più alla nuova fabbrica di S. Pietro.2 Michelangelo doveva venirne compensato coll’altro incarico di dipingere il soffitto della cappella Sistina.3 II maestro invece si reputò gravemente danneggiato ; i denari avuti non erano bastati a pagare nemmeno il trasporto dei marmi ; « nella speranza del monumento » egli aveva messo su a proprie spese il suo studio e fatto già venire a tale scopo degli aiutanti da Firenze. L’11 aprile 1506 gli toccò sentire il papa dire ad un orefice ed al suo maestro delle cerimonie che egli non voleva più spendere un soldo nè per pietre grandi nè per piccole. Michelangelo altamente meravigliato, prima di allontanarsi dal Vaticano, chiese una parte del denaro, del quale abbisognava per proseguire l’opera sua. Il papa lo rimandò al lunedì, ma la promessa udienza non venne accordata. Il medesimo si ¡ripetè nei giorni seguenti. Allorché il 17 di aprile Michelangelo si presentò di nuovo, gli (venne negato di entrare da Giulio II per ordine espresso di S. Santità. Allora l’artista diede fuoco all’ira sua e : « dite al papa, avrebbe egli gridato, che se in appresso avrà bisogno di me, mi verrà a cercare là dove mi troverò!»-Corse quindi a casa, ordinò ai servi di vendere ciò che aveva, montò a cavallo e lasciò Roma col fermo proposito di non farvi mai più ritorno.4 Quando Giulio II apprese la fuga di Michelangelo (fu la vigilia della collocazione della prima pietra pel nuovo S. Pietro), diede subito ordine d’inseguire l’artista e se occorresse di ricondurlo colla forza a Roma. Ma Michelangelo se n’era andato a spron battuto e solo a Poggibonsi su sicuro territorio fiorentino, i messi di Giulio II lo raggiunsero e gli consegnarono una lettera, nella quale gli si ordinava di far subito ritorno a Roma sotto pena d incorrere nella disgrazia del papa. L’artista furente d’ira diede un tondo rifiuto. Di sera alle 11 scrisse al papa ch’egli non sarebbe mai più ritornato a Roma e che non meritava della buona e fedele servitù sua averne questo cambio, d’esser cacciato dalla sua i accia 1 Lettere di Michelangelo, ed. Milanesi ti. Guin. I. 121. Semebai', Mieli'-langelo 235. 2 Cfr. sopra p. 887. Il racconto tradizionale, che si trattasse d'un intrigo dell'invidioso Rrti-nialite, fu già rigettato da Justi (Beiträge. 11 e 239) adducendo ragioni interno. Tuttavia Steinmann (II. 245 s.) vi si è attenuto. V. in contrario l'indagine, con critica delle fonti, di Spahn in Allg. Zeitung 1906, n.° 190. 4 Cfr. Grimm, Michelangelo I5, 279 s 519 s., che pel primo richiamò 1 atten- zione sulle divergenze esistenti nelle stesse relazioni di Michelangelo. Ofr. anche E. Gebhart in Rev. Meue del 22 febbraio e 1« marzo 1902.