Libro II. Alessandro VI. 1492-1503. Capitolo 6. tempo il Savonarola tornava a predicare parlando molto del suo lume profetico e più ancora di politica. Tutto questo — ingrandito anche dagl’intrighi in Roma dei zelanti avversarli del Savonarola — doveva offendere gravemente Alessandro VI. Se non che la sua prudenza lodata dai contemporanei trattenne anche questa volta il papa, che trovavasi allora in una molto difficile situazione politica, dall’entrare in una lotta diretta col priore di S. Marco e da quel pratico uomo di stato che era egli preferì di battere altra via. Onde staccare i Fiorentini dall’alleanza francese promise loro la città di Pisa e chiese l’invio di un nuovo oratore per trattare in proposito. La Signoria assecondò il 3 marzo 1497 questo desiderio mandando a Roma Alessandro Bracci. Questi si presentò al papa il 13 marzo. Facendo allusione a Lodovico il Moro, Alessandro disse: «Dio perdoni a chi ha chiamato i Francesi in Italia, poiché da qui sono nati tutti i malanni per il paese ». Quindi cercò d’indurre l’oratore fiorentino ad abbandonare l’alleanza coi Francesi. « State con noi, — esclamò — siate buoni Italiani e lasciate i Francesi in Francia! Su questo punto mi dovete dar garanzia, non belle parole, ma qualche cosa che suoni impegno formale ». Indarno l’oratore fece valere i motivi per i quali il suo governo aderiva alla Francia: il papa rimase fermo sulla necessità per Firenze di abbandonare quella politica. Constargli molto bene che la cagione di un tal contegno, indegno d’una potenza italiana, era la fiducia riposta dai Fiorentini nelle profezie di un chiacchierone. Essere egli-profondamente rammaricato al vedere come la Signoria di Firenze tollerasse che quel domenicano minacciasse, aggredisse, vilipendesse in modo inaudito lui, il papa.1 Questo lamento non era infondato, poiché anche nelle prediche della quaresima del 1497 le accuse contro la Chiesa romana formarono il tema principale del Savonarola. Il suo linguaggio si fece sempre più violento e insolente. « Fatti in qua, ribalda Chiesa, — gridava — fatti in qua ed ascolta quello che il Signore ti dice : Io ti avevo dato le belle vestimenta, e tu ne hai fatto idolo. I vasi desti alla superbia; i sacramenti alla simonia; nella lussuria sei fatta meretrice sfacciata; tu sei peggio che bestia; tu sei un mostro abominevole. Una volta ti vergognavi de’ tuoi peccati, ma ora non più. Una volta i sacerdoti chiamavano nipoti i loro figlioli; ora non più nipoti, ma figlioli, figlioli per tutto. Tu hai fatto un luogo i Ghebabdi 149 s. ; cfr. Cosci 440 „s. Bice Agnoi.etti, Aiess. Braccesi. Contributo alla storia dell’umanesimo e della poesia volgare. Firenze 1901, 177-191. 211-218; l'istruzione per Braccesi a p. 211 ss. L'esposizione della Agnoletti considera in particolare anche il modo con cui il Braccesi cercò di lavorare in K°uia per Savonarola.