Giulio II e Venezia. «97 circostanze persuadano il pa,pa e il sacro Collegio a lasciare alla repubblica Faenza e Rimini, ma egli non vuol dare alcuna parola, prima che siano sgombrate tutte le altre terre.1 Il 10 gennaio 1504 il papa diresse al doge la seguente lettera : « Dilettissimo figlio, salute e apostolica benedizione ! Per mezzo del nostro venerabile fratello, il vescovo di Tivoli, e di parecchie lettere noi abbiamo dichiarato a V. Serenità, essere nostro fermo volere di ridomandare le nostre città di Faenza e Rimini con le loro rocche ed altre piazze, che V. Serenità ha occupato dopo la morte di Alessandro VI : ciò abbiamo ripetuto più volte al vostro ambasciatore. Pertanto non possiamo meravigliarci abbastanza nel vedere come ancora non ci sia stata data una chiara risposta. Avendo però noi inteso dal detto vescovo, nostro legato, che la cosa venne di nuovo portata avanti al Senato, V. Serenità e il Senato nella loro sapienza comprenderanno bene, che non è lecito di tenere illegittimamente occupati possedimenti della Santa Chiesa romana, e che noi dobbiamo ricorrere ad ogni mezzo onde ottenere la restituzione di questi possedimenti. Fin dagli esordii del nostro pontificato noi eravamo irremovibili nel proposito di riguadagnare i dominii tolti alla Chiesa, tali siamo tuttora e lo saremo sempre. Se l’ambasciatore di V. Serenità od altri ha scritto in senso diverso o ha fatto -sperare in un componimento, egli non ha scritto la verità, poiché il dovere c’impone di non permettere una tale offesa di Dio e perdita della nostra reputazione. ¡Noi abbiamo sempre amato e tenuto in alta considerazione V. Serenità e la repubblica nella speranza che voi sareste i vindici, non già gli usurpatori dei diritti della Chiesa, specialmente durante il nostro pontificato. Ora siccome nulla ci ritrarrà dal richiedere le dette città e perchè il Signore Iddio e il nostro Salvatore Gesù Cristo, che ci ha affidato la sua Chiesa, e il nostro stesso ministero lo esigono: Noi dichiariamo che chiunque scrive ° pensa diversamente si allontana dalla verità. Di nuovo esortiamo la Serenità Vostra con paterna bontà e vi chiediamo nel Signore, che voi di proprio impulso e sollecitamente facciate quello che per equità siete tenuto di ¡fare».2 Tutto fu inutile: i Veneziani erano risoluti di ritenersi la loro Preda. Anzi si burlarono delle minacce del papa, tanto si reputa- 1 Dispacci di A. Giustiniax II, 360-303. Anche dopo questa dichiarazione il Giustinian lusingavasi pur sempre di ottenere il suo scopo. Con cortese importunità si presentò il primo dell’anno dal papa con la preghiera, che, solendo eS*i in tal giorno far dei regali agii amici, si compiacesse fare un presente alla repubblica a lui così devota cedendo Rimini e 'Faenza. Giulio sorridendo disse, ohe prima la repubblica restituisse Tossignano e che poi si potrebbe scendere a patti circa le due suddette città. Così narra Bembtts 258: cfr. Havemann II, 215. 2 Raynald 1504. n. 1. Sanuto V, 733; cfr: 732, 73C.