998 Libro III. Giulio II. 1503-1513. Capitolo 10. Mentre che si dava vita a queste opere, non rimasero interrotti i lavori per la Stanza d’Eliodoro.1 La testimonianza del Giovio, che anche questa volta il papa diede il tema degli affreschi, è confermato dalle speciali relazioni che mostra con Giulio II l’affresco dipinto per primo e tecnicamente il più perfetto, la così detta Messa di Bolsena. Il soggetto è un miracolo che accadde in Bolsena nell’anno 1263 e fece grande impressione sui contemporanei. Un prete tedesco, così raccontasi, era tormentato da gravi dubbii circa la dottrina della Chiesa, che mediante le parole della consacrazione il pane e il vino si convertano nel Corpo e nel Sangue del Signore. Egli pregò instantemente per averne una prova, la quale gli fu accordato in un pellegrinaggio a Roma, in quella che celebrava Messa nella chiesa di S. Cristina di Bolsena. Com’egli ebbe proferito le parole della consacrazione, dall’ostia spicciò del sangue, che tinse di rosso tutto il corporale.2 (La reliquia fu portata ad Orvieto e i Che Raffaello nel dipingere la stanza dell’Eliodoro fosse coadiuvato dalla sua scuola, si può appena mettere in dubbio. Secondo Dollmayr ( Werk-stiitte 241-245), egli, salvo un’eccezione, non si sarebbe servito del suoi scolari che per le parti meno importanti degli affreschi, per l’architettura e l’ornato. Fa eccezione il paesaggio con rovine nell’affresco di Attila. Dollmayk 240 vede nel suo carattere idillico un motivo per attribuirlo al Penni come un suo primo tentativo. Cfr. Weese in Repert. f. Kunsticissensoh. XIX, 369. - Hettneb 222-223 intorno alla Messa di Bolsena scrive cosi: « Raffaeli" prende le mosse dalla leggenda, che già aveva dato motivo all’istituzione della festa del Corpus Domini; ma egli l’idealizza e l’approfondisce. La forma originaria della leggenda quale la conobbe Raffaello trovasi negli Annali del Rav-nald (Parte IV, an. 1204. n. 20, p. 106). Trovandosi papa Urbano IV nel 1204 a Orvieto, un sacerdote nella vicina Bolsena dopo la consacrazione aveva versato dal calice una goccia del vino consacrato sul corporale ; per nascondere la sua negligenza ripiegò il corporale, ma il sangue trapelò da tutte le pieghe, nelle quali rimase anche impressa la figura dell’ostia. La relazione soggiunge che per celebrare questo miracolo il papa avrebbe ordinato la festa del Corpus Domin i, specialmente al fi ne Idi ravvivare la fede intiepidita, di confondere gli empii e rinvigorire la pietà dei buoni. Con profondo e genialissimo pensiero Raffaello lia trasformato il miracolo della leggenda in quello dell’ostia sanguinante, facendo in modo che il prete stesso sia l'esitante e poi miracolosamente si converta, e che il miracolo avvenga alla presenza e per la preghiera del capo supremo della cristianità cattolica : mediante questa trasformazione Raffaello ottiene una forza e chiarezza del motivo fondamentale e un commovente contrasto drammatico della profonda agitazione e confusione del giovane prete e della ferma e fedele fiducia del papa, cose tutte di *cui la leggenda non ha la minima traccia. E per mettere anche qui meglio in rilievo l'immediata attinenza col tempo, Raffaello ha anche qui dato al papa i lineamenti di Giulio II. ;G. Kinkel in un suo pregevolissimo studio (Mosaik ¡161 s.) ha additato un buon numero di leggende, che derivano da opere d’arte. A queste leggende vuoisi aggiungere la Messa di Bolsena. Ora la si legge da ¡per tutto, non come sonava originariamente e come la trovò Raffaello, ma quale egli la seppe con senno profondo trasformare ». Tali elucubrazioni a ben considerarle non sono che fantasie. Kayn.vt.d narra bensì il miracolo nella guisa suddetta, riportandosi a S. Antonino, ma il racconto di questo scrittore morto nel 1459